
sabato 31 marzo 2012
SI COMINCIA GIA A RESPIRARE L'ARIA DELLA SETTIMANA SANTA

L'ILVA FA MANIFESTARE I PROPRI OPERAI
Una città divisa, spaccata, quasi immobilizzata. Da una parte il diritto al lavoro, dall’altra il diritto alla salute. Lavoratori ed ecologisti, come guelfi e ghibellini. Operai contro le istituzioni e ambientalisti contro la fabbrica che inquina. Al centro l’Ilva di Taranto, lo stabilimento siderurgico fonte di inquinanti che secondo le perizie “causano malattia e morte”. Il giorno della chiusura dell’incidente probatorio chiesto dalla procura è anche il giorno dello scontro “evitato”. Il questore di Taranto, pochi giorni fa ha infatti vietato con un’ordinanza che le due fazioni si potessero trovare insieme davanti al palazzo di giustizia.
Ottomila operai, secondo l’azienda, sarebbero scesi per le strade a manifestare e urlare “Giù le mani dallo stabilimento”. Per alcuni, quelle ore di lotta, sono state retribuite dall’azienda come straordinario. Hanno cantato, urlato e sfilato per le vie del centro con gli striscioni: non i soliti realizzati con una bomboletta spray su un lenzuolo bianco, ma stampati in serigrafia, con slogan accuratamente selezionati. “Ce li hanno dati loro, mica li abbiamo fatti noi” afferma un operaio che però non vuole esporsi per paura di ritorsioni. I sindacati non c’erano: avevano chiesto ai lavoratori di non accettare l’invito dell’azienda di scendere in piazza, ma i dipendenti non l’hanno nemmeno letto quel piccolo pezzo di carta affisso dai sindacalisti all’ingresso dello stabilimento, accanto a quello gigante, voluto dall’Ilva, che invitava alla lotta.
Dall’altra parte, a pochi metri da un tribunale blindato dalle forze dell’ordine, pochi ambientalisti. Non c’erano i duemila che il 17 febbraio hanno pacificamente assediato il palazzo di via Marche. Dopo l’ordinanza del questore, infatti, il fronte si è spaccato: le associazioni hanno chiesto di non manifestare per evitare scontri, ma lo zoccolo duro è giunto comunque in corso Italia per sostenere i magistrati e ribadire il loro sostegno agli operai. “L’Ilva non vogliamo – era scritto su uno striscione – ma agli operai ci teniamo”.
Nell’aula al piano terra del tribunale intanto, Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forastiere, i periti nomini dal gip Todisco, hanno illustrato le 282 pagine del documento che compongono la relazione depositata lo scorso 1 marzo. Hanno confermato che a Taranto, tra il 2004 e il 2010, vi sono stati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria, mentre i ricoveri per cause cardio-respiratorie ammonterebbero a 648 all’anno. La media dei decessi sale però fino a 91 se si prendono in considerazione i quartieri Tamburi e Borgo, geograficamente più vicini alla fabbrica. Hanno confermato il dato più ‘sorprendente’, come lo hanno definito dinanzi al giudice: nei bambini e negli adolescenti fino a 14 anni è stato riscontrato “un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie” e un’elevata presenza di tumori in età pediatrica.
L’udienza è finita in serata: il gip Todisco ha chiuso l’incidente probatorio ammettendo quindi i risultati delle perizie, epidemiologica e ambientale, come prove nell’eventuale processo. Il magistrato ha acquisito anche l’integrazione dei periti chimici, che hanno ribadito “eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali” e infine anche una breve relazione dell’Arpa Puglia che conferma che le emissioni di benzoapirene e di polveri sottili, sono superiori ai limiti imposti dalla legge. Ora gli atti tornano alla procura che proseguirà le indagini: già dai prossimi giorni però potrebbe arrivare sul tavolo del gip la richiesta di sequestro o di altre misure cautelari per interrompere, laddove necessario, il reiterarsi di reati.
Ottomila operai, secondo l’azienda, sarebbero scesi per le strade a manifestare e urlare “Giù le mani dallo stabilimento”. Per alcuni, quelle ore di lotta, sono state retribuite dall’azienda come straordinario. Hanno cantato, urlato e sfilato per le vie del centro con gli striscioni: non i soliti realizzati con una bomboletta spray su un lenzuolo bianco, ma stampati in serigrafia, con slogan accuratamente selezionati. “Ce li hanno dati loro, mica li abbiamo fatti noi” afferma un operaio che però non vuole esporsi per paura di ritorsioni. I sindacati non c’erano: avevano chiesto ai lavoratori di non accettare l’invito dell’azienda di scendere in piazza, ma i dipendenti non l’hanno nemmeno letto quel piccolo pezzo di carta affisso dai sindacalisti all’ingresso dello stabilimento, accanto a quello gigante, voluto dall’Ilva, che invitava alla lotta.
Dall’altra parte, a pochi metri da un tribunale blindato dalle forze dell’ordine, pochi ambientalisti. Non c’erano i duemila che il 17 febbraio hanno pacificamente assediato il palazzo di via Marche. Dopo l’ordinanza del questore, infatti, il fronte si è spaccato: le associazioni hanno chiesto di non manifestare per evitare scontri, ma lo zoccolo duro è giunto comunque in corso Italia per sostenere i magistrati e ribadire il loro sostegno agli operai. “L’Ilva non vogliamo – era scritto su uno striscione – ma agli operai ci teniamo”.
Nell’aula al piano terra del tribunale intanto, Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forastiere, i periti nomini dal gip Todisco, hanno illustrato le 282 pagine del documento che compongono la relazione depositata lo scorso 1 marzo. Hanno confermato che a Taranto, tra il 2004 e il 2010, vi sono stati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria, mentre i ricoveri per cause cardio-respiratorie ammonterebbero a 648 all’anno. La media dei decessi sale però fino a 91 se si prendono in considerazione i quartieri Tamburi e Borgo, geograficamente più vicini alla fabbrica. Hanno confermato il dato più ‘sorprendente’, come lo hanno definito dinanzi al giudice: nei bambini e negli adolescenti fino a 14 anni è stato riscontrato “un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie” e un’elevata presenza di tumori in età pediatrica.
L’udienza è finita in serata: il gip Todisco ha chiuso l’incidente probatorio ammettendo quindi i risultati delle perizie, epidemiologica e ambientale, come prove nell’eventuale processo. Il magistrato ha acquisito anche l’integrazione dei periti chimici, che hanno ribadito “eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali” e infine anche una breve relazione dell’Arpa Puglia che conferma che le emissioni di benzoapirene e di polveri sottili, sono superiori ai limiti imposti dalla legge. Ora gli atti tornano alla procura che proseguirà le indagini: già dai prossimi giorni però potrebbe arrivare sul tavolo del gip la richiesta di sequestro o di altre misure cautelari per interrompere, laddove necessario, il reiterarsi di reati.
IL GIP RIMETTE GLI ATTI ALLA PROCURA
Si e' concluso in serata l'incidente probatorio davanti al gip di Taranto, Patrizia Todisco, per discutere della seconda perizia sull'inquinamento dell'Ilva. Nessuna particolare decisione e' stata presa dal gip se non quella di rimettere tutti gli atti dell'inchiesta alla Procura, presente in aula col procuratore Franco Sebastio e l'aggiunto Pietro Argentino. Tocchera' alla Procura, adesso, valutare il tutto e decidere cosa fare. L'udienza di oggi oltre ad essere stata lunga e' stata anche molto animata, con i legali delle parti che si sono dati battaglia. I legali dell'Ilva hanno presentato una loro memoria mentre il collegio dei periti ha depositato un'integrazione alla relazione consegnata al gip.
Acquisito anche un documento dell'Arpa, l'agenzia regionale di protezione ambientale. All'udienza di oggi ha partecipato anche la Regione con l'assessore all'Ambiente Lorenzo Nicastro
Acquisito anche un documento dell'Arpa, l'agenzia regionale di protezione ambientale. All'udienza di oggi ha partecipato anche la Regione con l'assessore all'Ambiente Lorenzo Nicastro
mercoledì 28 marzo 2012
IL TARANTO SULLE TRACCE DEL TECNICO DEL VARESE CARBONE?
Secondo indiscrezioni raccolte dal nostro portale, oltre ad Ascoli e Vicenza, le due squadre che da più tempo stanno valutando la candidatura di Benny Carbone come prossimo allenatore; si starebbe inserendo anche il Taranto che in caso di promozione punterebbe forte proprio sull'ex tecnico del Varese.
TUTTOMERCATOWEB
IL PORTO DI TARANTO STRATEGIA DEI CORRIDOI EUROPEI
Il porto di Taranto

PEDONE INVESTITO SULLA RINGHIERA

Sulla carreggiata macchiata di sangue i segni del sinistro. Sul posto sono intervenuti gli agenti della polizia e la squadra Infortunistica della polizia municipale per i rilievi del caso. Una mattinata rocambolesca e l’ennesimo pedone che viene investito mentre attraversa. Ma almeno, questa volta, c’è da evidenziare come chi era al volante non si sia dileguato. Ha cercato invece di aiutare il malcapitato che, in assenza di strisce pedonali, ha azzardato l’attraversamento in direzione della ringhiera. Come in molti sono costretti a fare, vista l’assenza di passaggi destinati ai pedoni in un tratto di strada sempre frequentatissimo dalle macchine. Una situazione resa ancora più grave dalla presenza proprio in quella zona di uffici comunali e strutture pubbliche. Un incidente, quello avvenuto nei pressi della piazzetta De Geronimo, non distante dall’arcivescovado, che ha attirato l’attenzione di chi, in un’ora di punta e in un tratto particolarmente trafficato, ha visto la scena in diretta. Il traffico in direzione del ponte girevole è stato rallentato per permettere i soccorsi. Sempre in mattinata un incidente, ma di lieve entità, si è dovuto registrare in via Cesare Battisti dove una Micra si è scontrata con un autocarro.
I SINDACATI TRUFFANO L'INPS USANDO I MORTI
Ci sono 20.992 fantasmi che fra il 2008 e il 2010 hanno inviato all’Inps - debitamente firmato - il riassunto della propria condizione reddituale e patrimoniale. Sono 20.922 fantasmi perché tutti erano deceduti da tempo. Eppure dalle pratiche arrivate all’Inps sono risultati tutti improvvisamente risuscitati, hanno fatto due conti in casa e si sono recati al proprio Caf del sindacato di fiducia per firmare le dichiarazioni Ise e Isee. Per ognuno di quei moduli falsi il Caaf del sindacato di turno ha ricevuto un rimborso statale che oscillava fra 10 e 16,50 euro.
È accaduto in Campania, Calabria e Sicilia. Per un po’ tutto è passato in cavalleria. Poi gli 007 dell’istituto di previdenza pubblica guidato da Antonio Mastrapasqua si sono accorti che qualcosa non quadrava. E hanno scoperto che non c’erano solo i 20.992 morti resuscitati giusto per fare quadrare i bilanci dei sindacati truffando l’Inps. I falsi dei Caaf sindacali erano decine di migliaia di più, dai morti viventi agli indigenti che cambiavano reddito (e quindi dovevano fare una nuova dichiarazione Isee) sette volte in un mese, a quelli che cambiavano residenza venti volte in un anno, trasferendosi dalla Campania alla Sicilia o alla Calabria e viceversa, a quelli che presentavano la stessa dichiarazione lo stesso giorno in due regioni diverse. Una maxi truffa, che ha costretto gli ispettori dell’Inps a rivolgersi alla procura della Repubblica di Roma presentando regolare denuncia. Lo rivela Stefano Livadiotti sul numero dell’Espresso in edicola oggi. Anche Libero è riuscito a trovare in procura le carte dello scandalo che sta facendo tremare le organizzazioni sindacali nel Mezzogiorno di Italia. Perché - chi più, chi meno - nella truffa sono coinvolti praticamente tutte le sigle dei centri di assistenza fiscale italiani: da quelle dei sindacati tradizionali come Uil, Cgil, Cisl, Ugl e Confsal, alle varie federazioni dei pensionati, a quelle artigianali, dal mondo social comunista a quello cattolico.
I falsi più rilevanti sono stati commessi dal Caaf Acai dipendenti e pensionati srl (13.705). L’Acai è l’associazione cristiana artigiani italiani, che costituì nel 1998 il suo centro di assistenza fiscale. L’altro campione di falsi è invece il Caaf dipendenti e pensionati Usppidap srl, e qui in imbarazzo finisce anche il sistema politico. Perché il Caaf Usppidap nasce nel 2001dalla fusione delle federazioni pensionati Fe.n.p.i. e F.n.ua., ex Usppi Pensionati e Agricoltura e il protagonista di quella fusione fu il sindacalista che aveva guidato come segretario generale entrambe le federazioni: Vincenzo Iovine. Dal 2009 fa l’europarlamentare, dopo essere stato candidato da Antonio Di Pietro nell’Italia dei Valori. Una volta ottenuto il seggio Iovine però ha cambiato bandiera, ed è passato armi e bagagli nell’Api di Francesco Rutelli. Ora la clamorosa truffa del Caaf da lui fondato all’Inps rischia di creare nuovo imbarazzo politico.
Lo scandalo della maxi truffa sindacale all’Inps secondo i magistrati che hanno iniziato le loro indagini potrebbe essere di proporzioni ancora più ampie rispetto a quanto finora emerso. Gli ispettori dell’istituto si sono messi a controllare le dichiarazioni Ise e Isee (che servono ai cittadini per ottenere prestazioni sociali di vario tipo) in solo tre regioni, perché da lì erano emerse singole irregolarità. È vero che in Campania, Sicilia e Calabria i Caaf dei sindacati presentano il 42% delle dichiarazioni Isee compilate in Italia, ma non è affatto escluso che la truffa sia presente in altre regioni. Perché ad avere i vantaggi è soprattutto il Caaf, più che il cittadino associato alla dichiarazione reddituale e patrimoniale. Questo è lampante nel caso delle dichiarazioni dei 20.992 morti viventi, ma anche nelle altre tipologie irregolari, perché il cittadino più di una prestazione sociale non può ottenere. Mentre il Caaf ingrassa i propri bilanci con dichiarazioni multiple e false, che riescano a passare i controlli informatici dell’Inps (che prendono subito dichiarazioni multiple con lo stesso importo, ma non quelle false dello stesso soggetto per importi diversi). Solo con le dichiarazioni multiple false il Caaf Acai ha truffato all’Inps 215 mila euro, quello dell’europarlamentare dipietrista passato con Rutelli 136 mila euro, quello Ugl 133 mila euro, quello della Uil 117 mila euro, quello della Cisl 64 mila euro. I Caaf Cgil hanno truffato 27 mila euro in Campania, 26 mila in Sicilia e più di 8 mila euro in Calabria. Le false denunce ipotizzate solo a questa voce avrebbero causato all’Inps un danno di oltre 2 milioni di euro.
È accaduto in Campania, Calabria e Sicilia. Per un po’ tutto è passato in cavalleria. Poi gli 007 dell’istituto di previdenza pubblica guidato da Antonio Mastrapasqua si sono accorti che qualcosa non quadrava. E hanno scoperto che non c’erano solo i 20.992 morti resuscitati giusto per fare quadrare i bilanci dei sindacati truffando l’Inps. I falsi dei Caaf sindacali erano decine di migliaia di più, dai morti viventi agli indigenti che cambiavano reddito (e quindi dovevano fare una nuova dichiarazione Isee) sette volte in un mese, a quelli che cambiavano residenza venti volte in un anno, trasferendosi dalla Campania alla Sicilia o alla Calabria e viceversa, a quelli che presentavano la stessa dichiarazione lo stesso giorno in due regioni diverse. Una maxi truffa, che ha costretto gli ispettori dell’Inps a rivolgersi alla procura della Repubblica di Roma presentando regolare denuncia. Lo rivela Stefano Livadiotti sul numero dell’Espresso in edicola oggi. Anche Libero è riuscito a trovare in procura le carte dello scandalo che sta facendo tremare le organizzazioni sindacali nel Mezzogiorno di Italia. Perché - chi più, chi meno - nella truffa sono coinvolti praticamente tutte le sigle dei centri di assistenza fiscale italiani: da quelle dei sindacati tradizionali come Uil, Cgil, Cisl, Ugl e Confsal, alle varie federazioni dei pensionati, a quelle artigianali, dal mondo social comunista a quello cattolico.
I falsi più rilevanti sono stati commessi dal Caaf Acai dipendenti e pensionati srl (13.705). L’Acai è l’associazione cristiana artigiani italiani, che costituì nel 1998 il suo centro di assistenza fiscale. L’altro campione di falsi è invece il Caaf dipendenti e pensionati Usppidap srl, e qui in imbarazzo finisce anche il sistema politico. Perché il Caaf Usppidap nasce nel 2001dalla fusione delle federazioni pensionati Fe.n.p.i. e F.n.ua., ex Usppi Pensionati e Agricoltura e il protagonista di quella fusione fu il sindacalista che aveva guidato come segretario generale entrambe le federazioni: Vincenzo Iovine. Dal 2009 fa l’europarlamentare, dopo essere stato candidato da Antonio Di Pietro nell’Italia dei Valori. Una volta ottenuto il seggio Iovine però ha cambiato bandiera, ed è passato armi e bagagli nell’Api di Francesco Rutelli. Ora la clamorosa truffa del Caaf da lui fondato all’Inps rischia di creare nuovo imbarazzo politico.
Lo scandalo della maxi truffa sindacale all’Inps secondo i magistrati che hanno iniziato le loro indagini potrebbe essere di proporzioni ancora più ampie rispetto a quanto finora emerso. Gli ispettori dell’istituto si sono messi a controllare le dichiarazioni Ise e Isee (che servono ai cittadini per ottenere prestazioni sociali di vario tipo) in solo tre regioni, perché da lì erano emerse singole irregolarità. È vero che in Campania, Sicilia e Calabria i Caaf dei sindacati presentano il 42% delle dichiarazioni Isee compilate in Italia, ma non è affatto escluso che la truffa sia presente in altre regioni. Perché ad avere i vantaggi è soprattutto il Caaf, più che il cittadino associato alla dichiarazione reddituale e patrimoniale. Questo è lampante nel caso delle dichiarazioni dei 20.992 morti viventi, ma anche nelle altre tipologie irregolari, perché il cittadino più di una prestazione sociale non può ottenere. Mentre il Caaf ingrassa i propri bilanci con dichiarazioni multiple e false, che riescano a passare i controlli informatici dell’Inps (che prendono subito dichiarazioni multiple con lo stesso importo, ma non quelle false dello stesso soggetto per importi diversi). Solo con le dichiarazioni multiple false il Caaf Acai ha truffato all’Inps 215 mila euro, quello dell’europarlamentare dipietrista passato con Rutelli 136 mila euro, quello Ugl 133 mila euro, quello della Uil 117 mila euro, quello della Cisl 64 mila euro. I Caaf Cgil hanno truffato 27 mila euro in Campania, 26 mila in Sicilia e più di 8 mila euro in Calabria. Le false denunce ipotizzate solo a questa voce avrebbero causato all’Inps un danno di oltre 2 milioni di euro.
martedì 27 marzo 2012
ARRESTATI BENZINAI FURBI
Avevano tarato al ribasso i distributori di benzina e cosi' facendo sono riusciti a 'risparmiare' nel solo 2011 migliaia di litri di carburante,frodando centinaia di automobilisti e trasportatori. E' la truffa scoperta dalla Guardia di Finanza di Padova, che ha denunciato 11 persone e sequestrato una stazione di servizio, 9 impianti privati e 24 colonnine erogatrici.Due soli gestori sono riusciti a sottrarre nel solo 2011 ben 33mila litri di carburante, che i clienti hanno regolarmente pagato.
EMILIO FEDE INDAGATO DALLA GUARDIA DI FINANZA

ROMA - L'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno avviato una serie di verifiche su una vicenda che vede protagonista Emilio Fede: il direttore del Tg4, circa tre mesi fa, si sarebbe presentato, insieme ad un'altra persona, presso la filiale di un istituto di credito di Lugano con una valigetta contenente 2,5 milioni di euro in contanti che la banca non avrebbero però accettato.
La notizia, che è stata pubblicata oggi su alcuni quotidiani, parla di una segnalazione che è arrivata in Italia alla fine dello scorso gennaio: a chiedere l'intervento delle autorità di controllo è stato un dipendente della banca elvetica.
E' probabile che l'istituto non abbia voluto accettare la somma a causa del clamore suscitato dalle vicende che, nei mesi scorsi, hanno coinvolto Fede, già indagato per favoreggiamento della prostituzione per le feste organizzate nelle residenze dell'ex capo del governo Silvio Berlusconi e per concorso in bancarotta fraudolenta dalla magistratura milanese con l'agente dello spettacolo Lele Mora. Ora gli investigatori delle Fiamme Gialle dovranno indagare su questi soldi comparsi in Svizzera. I possibili reati vanno dall'evasione fiscale alla tentata esportazione di capitali all'estero.
LA TELEFONATA CHE TI PROSCIUGA IL CREDITO
Ci e' stato segnalato un caso molto particolare. Eccolo spiegato nel nostro articolo.
Avete mai ricevuto delle telefonate dal numero 0984 083101? In rete è diventato un vero e proprio caso, con moltissimi utenti che raccontano di aver ricevuto insistenti chiamate da parte di questo numero, in cui l'operatore propone offerte per aziende come Edison, Infostrada e Enel. Se mai questo vi dovesse accadere, non rispondete al telefono perchè si tratta di unatruffa. Infatti i costi della chiamata sono a carico del destinatario, con i soldi che vengono scalati dalla sim del cliente durante la telefonata. A segnalare il caso è il sito Ultime Notizie Flash, che elenca anche una serie di commenti postati dalle vittime di questa truffa, eccone alcuni: «Se non rispondi subito non demordono: ti chiamano decine di volte e poi, quando sfinito li stai a sentire, scopri che ti hanno pure scalato il credito dalla Sim» oppure «E’ da un mese che mi chiamano, premetto che il mio numero è privato quindi già questa è una violazione. Da un paio di giorni provo a chiamarli dal mio cellulare e a volte mi rispondono ma spacciandosi per una dirigente di un comune del sud o un’altra tizia o tizio fanno finta che sono stati loro a chiamare, quando li minaccio di denunciarli o chiedo spiegazioni riattaccano. Oggi vado da carabinieri per la denuncia. Ora basta!». Quindi nel caso in cui arrivino telefonata dal numero 0984 083101, la cosa migliore da fare, oltre a non rispondere, è appuntarsi l'orario della ricezione e sporgere denuncia ai carabinieri per molestie telefoniche e truffa.
UNA LETTRICE.
lunedì 26 marzo 2012
I LEGALI DELL'ILVA;"PERIZIA INATTENDIBILE"
Dopo i due successi incassati dinanzi al Tar di Lecce, l’Ilva prepara la battaglia legale in vista dell’incidente probatorio del prossimo 30 marzo nel corso del quale sarà discusso l’esito della maxi perizia medico-epidemiologica consegnata lo scorso primo marzo nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento a carico di alcuni dirigenti Ilva. Un’anticipazione di quella che, probabilmente sarà la linea difensiva dell’azienda siderurgica, è stata illustrata nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta dall’on. Gaetano Pecorella.

Il due marzo scorso l’Ilva ha inviato una lettera alla Commissione a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal Procuratore Franco Sebastio ed ha chiesto di essere ascoltata. L’audizione si è svolta l’altro ieri; vi hanno preso parte il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso e l’avvocato dell’Ilva Francesco Perli. Su entrambe le perizie (chimica e medica) disposte dal Gip Patrizia Todisco, il legale ha espresso un giudizio di inattendibilità confortato da un parere “pro veritate” formulato da otto esperti italiani nel campo della medicina e dell’epidemiologia.
Due, in particolare i limiti evidenziati. «Nella prima perizia – dice l’avvocato Perli – sono indicati i riferimenti normativi vigenti in forza dei quali i chimici hanno operato le loro valutazioni. A tal proposito citano la direttiva 2010/75 dell’Ue ed il Bref iron steel production del 24 giugno 2011. Hanno considerato vigenti due normative che non sono ancora in vigore. La direttiva dell’Unione, all’art. 80 dice che la stessa entrerà in vigore il 7 gennaio 2013 e che gli Stati hanno un anno di tempo per recepirle nell’ordinamento nazionale. L’art. 21 recita, inoltre, che per le Aia già rilasciate, il ministero dell’Ambiente ha quattro anni di tempo per introdurre le nuove prese in esame». Allo stesso modo, secondo l’avv. Perli anche il riferimento alle Bref del 24 giugno 2011 è errato perchè le Bat conclusion sono state pubblicate sulla gazzetta europea l’8 marzo scorso. «Quindi la perizia è stata redatta sulla base di un quadro normativo che non era vigente».
L’Ilva ha contestato anche le conclusioni del collegio dei medici perchè nel valutare gli effetti delle emissioni di polveri sottili (il Pm10), hanno considerato il limite ottimale indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità pari a 20 nanogrammi per m3, che «però – ha sottolineato Perli – non è limite di legge ma un volore obiettivo da conseguire nei prossimi anni. Il limite da considerare è quello di 40 microgrammi per metro cubo, vigente in Italia con decreto legislativo n° 155 del 31 agosto 2010». Un gruppo di esperti incaricati dall’azienda siderurgica ha riformulato i calcoli secondo il limite di 40 microgrammi al metro cubo. «Ne è risultato – ha concluso il legale della società siderurgica – che a Taranto non ci sono eccessi di mortalità e di malattie nella popolazione. Gli stessi valori di Pm10 riscontrati dai periti, oscillano tra 22 a 33 microgrammi a metro cubo e sono quindi ben al di sotto dei 40 microgrammi previsti per legge. Secondo alcuni studi a cui ha partecipato anche il dottor Viggeri che ha lavorato per il tribunale di Taranto, in Lombardia il valore medio del Pm10 è sopra i 50 microgrammi. A Taranto il limite medio è 25. Non applicare il valore di legge è stata una carenza molto grave».
In precedenza era intervenuto l’ingegnere Luigi Capogrosso direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto. Anche il suo giudizio nei confronti dell’incidente probatorio è molto severo. «A nostro avviso e secondo quanto rilevato dai nostri consulenti – ha detto – c’è discrepanza tra le certezze indicate nelle risposte ai quesiti e quanto emerge nel testo della perizia che lascia spazio a parecchi dubbi e in molti casi non chiarisce il metodo con cui si è arrivati a certe conclusioni. Siamo dubbiosi sul risultato, nonostante anche i periti nella maggior parte dei casi abbiano certificato il rispetto dei limiti di legge».
Capogrosso ha ricordato anche il lungo percorso che ad agosto del 2011 aveva portato al rilascio dell’Aia. «Si tratta – ha detto – di un importante momento autorizzativo per Taranto. E’ un documento di 1100 pagine diviso in tre parti. La conformità di impianti, processi e procedure al decreto 2005 in materia di migliori tecniche disponibili; il parere istruttorio che fissa limiti più severi di emissione dei vari impianti. Rispetto alla normativa precedente sono stati mediamente abbattuti del 50%. La terza parte riguarda il piano di monitoraggio. E’ stata incrementata notevolmente sia la frequenza che il numero di sostanze da controllare. Si tratta di un piano poderoso che il 23 febbraio scorso è stato presentato al Ministero dell’Ambiente».
Fonte: Corriere del Giorno
MOMENTO STORICO PER IL PORTO DI TARANTO
“Oggi per Taranto comincia un futuro migliore. Qui può davvero cominciare una storia nuova. Modernizzare il porto e farlo vivere come un grande hub internazionale e come uno snodo del traffico delle merci e degli esseri umani nel Mediterraneo, significa cambiare la storia economica di Taranto, della Puglia e del Sud”. Lo ha detto il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola intervenendo questa mattina a Taranto alla cerimonia di inaugurazione per l’avvio del cantiere della piastra logistica del Porto di Taranto alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Mario Ciaccia, il Presidente dell’Autorità Portuale Sergio Prete e l’assessore competente della Regione Puglia Gugliemo Minervini.
Nel suo intervento di saluto, Vendola si è soffermato sullo “stile di lavoro” seguito in questi anni per giungere a questa giornata. “Immaginare il sistema portuale preda di una competizione microterritoriale – ha detto - pensare che la competizione piuttosto che istruirci sull’economia-mondo debba spingerci verso atteggiamenti di chiusura identitaria, è un atteggiamento che noi abbiamo cercato di contrastare con grande determinazione. Non esistono porti, esiste un sistema integrato di porti, esiste il porto della Puglia. Ciascun porto, nella sua specializzazione, deve essere capace di convergere nel far vivere il sistema portuale della Puglia”. La sfida futura per Vendola è quella di saper “competere e cooperare insieme” e cioè “sentirci stimolati a competere, e competere oggi nel mercato globale significa innovazione di processo e di prodotto, ma contemporaneamente dobbiamo immaginare le reti cooperanti”.
A proposito poi dei problemi drammatici con i quali fa i conti la città di Taranto, come ad esempio quello della domanda di lavoro, il Presidente ha aggiunto che “Taranto non deve avere una logica di sopravvivenza, Taranto deve coltivare grandi ambizioni, come quella di immaginare che questo porto, con la sua retroportualià e interportualità, con la sua piattaforma loistica può diventare una delle zone più sensibili e attrezzate dell’Europa, e per questa via convertire una parte del suo apparato produttivo. Solo così si potranno dare risposte ai cittadini”.
Vendola infine ha chiesto al vice Ministro Ciaccia di essere interlocutori anche per l’altro dossier aperto, quello cioè ferroviario. “Da Taranto – ha ricordato Vendola - viviamo il dolore particolare legato agli interventi ferroviari, quelli che hanno privilegiato alcuni assetti della riorganizzazione del sistema ferroviario a danno di altri assetti. Portualità, aereportualità, trasporto ferroviario devono essere sempre di più costruiti come segmenti del sistema dell’intermodalità – ha detto Vendola - stiamo parlando della mobilità e del diritto alla mobilità delle persone e delle occasioni che la mobilità delle merci producono per noi. Si è spezzata l’unità del paese. I treni che non partono più da Taranto, i treni a lunga percorrenza, i treni notturni, rappresentano un vulnus per questa città, per questo territorio, per la sua economia, per la sua ambizione e per i suoi lavoratori.
Noi poniamo un problema che riguarda l’unità del paese”.
Nel suo intervento di saluto, Vendola si è soffermato sullo “stile di lavoro” seguito in questi anni per giungere a questa giornata. “Immaginare il sistema portuale preda di una competizione microterritoriale – ha detto - pensare che la competizione piuttosto che istruirci sull’economia-mondo debba spingerci verso atteggiamenti di chiusura identitaria, è un atteggiamento che noi abbiamo cercato di contrastare con grande determinazione. Non esistono porti, esiste un sistema integrato di porti, esiste il porto della Puglia. Ciascun porto, nella sua specializzazione, deve essere capace di convergere nel far vivere il sistema portuale della Puglia”. La sfida futura per Vendola è quella di saper “competere e cooperare insieme” e cioè “sentirci stimolati a competere, e competere oggi nel mercato globale significa innovazione di processo e di prodotto, ma contemporaneamente dobbiamo immaginare le reti cooperanti”.
A proposito poi dei problemi drammatici con i quali fa i conti la città di Taranto, come ad esempio quello della domanda di lavoro, il Presidente ha aggiunto che “Taranto non deve avere una logica di sopravvivenza, Taranto deve coltivare grandi ambizioni, come quella di immaginare che questo porto, con la sua retroportualià e interportualità, con la sua piattaforma loistica può diventare una delle zone più sensibili e attrezzate dell’Europa, e per questa via convertire una parte del suo apparato produttivo. Solo così si potranno dare risposte ai cittadini”.
Vendola infine ha chiesto al vice Ministro Ciaccia di essere interlocutori anche per l’altro dossier aperto, quello cioè ferroviario. “Da Taranto – ha ricordato Vendola - viviamo il dolore particolare legato agli interventi ferroviari, quelli che hanno privilegiato alcuni assetti della riorganizzazione del sistema ferroviario a danno di altri assetti. Portualità, aereportualità, trasporto ferroviario devono essere sempre di più costruiti come segmenti del sistema dell’intermodalità – ha detto Vendola - stiamo parlando della mobilità e del diritto alla mobilità delle persone e delle occasioni che la mobilità delle merci producono per noi. Si è spezzata l’unità del paese. I treni che non partono più da Taranto, i treni a lunga percorrenza, i treni notturni, rappresentano un vulnus per questa città, per questo territorio, per la sua economia, per la sua ambizione e per i suoi lavoratori.
Noi poniamo un problema che riguarda l’unità del paese”.
“Per questo signor Ministro – ha concluso Vendola - per noi è una buona notizia e una boccata di ossigeno saperla accanto a noi nel tagliare un nastro molto importante per un cantiere da 200 milioni di euro, per un cantiere che fa partire finalmente la piastra logistica dopo 12 anni, ma tuttavia noi desideriamo poter avere anche la considerazione di essere interlocutori del Governo su quell’altro dossier, quello ferroviario”.
MONTI SI OCCUPA DELLA QUESTIONE TARANTO-ILVA

in mattinata oltre 2000 operai dell'Ilva hanno invaso il centro di Taranto e chiesto la tutela dell’occupazione e la salvaguardia della salute pubblica. Hanno manifestato davanti al palazzo della Prefettura la loro preoccupazione circa le conseguenze dell'indagine aperta dalla procura sull'inquinamento in cui sono indagati i vertici dell’azienda. In particolare, i lavoratori dell'Ilva temono che le conclusioni delle due perizie consegnate al gip di Taranto Patrizia Todisco - che hanno indicato la gravità dell'inquinamento del siderurgico, nonché casi di malattie - possano portare a un sequestro degli impianti e, in prospettiva, anche al rischio di ridimensionamento o chiusura della fabbrica. Data fatidica il 30 marzo, quando davanti al
gip ci sarà l'incidente probatorio per discutere l’ultima perizia, quella medico-epidemiologica.
Una delegazione dei lavoratori è stata ricevuta dal Prefetto, mentre altri si sono rivolti al sindaco, Ezio Stefano. “Noi non vogliamo che Taranto sia una città inquinata - gli hanno detto - non vogliamo le malattie, siamo preoccupati per i nostri bambini, ma non vogliamo nemmeno perdere il posto di lavoro". E ancora: "Si sta parlando solo dell'articolo 18, ma del nostro problema non sta parlando nessuno. A Genova l'Ilva ha chiuso l'area a caldo e la gente è rimasta a spasso. Questo non deve accadere". "Noi dobbiamo difendere il lavoro e tutelare l'ambiente - ha risposto il sindaco - abbiamo detto al Governo che Taranto sino al 1995, prima della privatizzazione dell'Ilva, è stata una città dove lo Stato è stato l'unico proprietario delle industrie. E ora lo Stato deve farsi carico dei costi del risanamento ambientale. Non ci sono solo le industrie, anche la Marina e l'Arsenale militare hanno inquinato"
ILVA. IN 2000 DAVANTI ALLA PREFETTURA

Oltre duemila operai dell'Ilva hanno manifestato nel centro di Taranto sotto il palazzo della Prefettura: chiedono la tutela dei posti di lavoro della fabbrica siderurgica e il miglioramento delle condizioni ambientali della citta'. Con la manifestazione di oggi, promossa dai sindacati, i lavoratori intendono esprimere la loro preoccupazione circa le conseguenze dell'indagine aperta dalla procura di Taranto sull'inquinamento e che ha portato sinora all'accusa di disastro ambientale nei confronti di Emilio e Nicola Riva, rispettivamente ex e attuale presidente dell'Ilva. In particolare, i lavoratori dell'Ilva temono che la conclusione delle due perizie consegnate al gip di Taranto Patrizia Todisco - che hanno indicato la gravita' dell'inquinamento del siderurgico, nonche' casi di malattie - possano portare a un sequestro degli impianti e, in prospettiva, anche al rischio di ridimensionamento o chiusura della fabbrica. Particolare apprensione i lavoratori manifestano per la scadenza del 30 marzo, quando davanti al gip ci sara' l'incidente probatorio per discutere la seconda perizia, medico-epidemiologica, ordinata a un team di esperti dallo stesso magistrato.
domenica 25 marzo 2012
RISULTATI E CLASSIFICA LEGA PRO 1° DIVISIONE GIRONE A 28° GIORNATA 25/03/2012
28° GIORNATA - 25/03/2012 | ||
Pro Vercelli | Pavia | 0 - 1 |
Benevento | Tritium | 1 - 0 |
Como | Taranto | - - - |
Foggia | Carpi | 1 - 2 |
Monza | Lumezzane | 0 - 1 |
Pisa | Foligno | 2 - 0 |
Reggiana | Avellino | 1 - 0 |
Sorrento | Viareggio | 2 - 0 |
Ternana | Spal | - - - |
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