La Regione Puglia dovrà sborsare 60.000 euro per risarcire la società Vergine, che gestisce una delle discariche di Taranto. La chiusura imposta nei giorni 21, 24 e 25 gennaio 2011, a causa delle presunte esalazioni nauseabonde che avrebbero ammorbato Lizzano, era illegittima secondo i giudici amministrativi, per cui l'ente dovrà pagare a caro prezzo una decisione che, per ben due volte, è stata definita sbagliata.
Prima il TAR e poi il Consiglio di Stato, infatti, hanno accolto il ricorso della società (rappresentata dall'avvocato Pietro Quinto) contro il provvedimento con cui la Regione, il 20 gennaio 2011 dispose venti giorni di sospensione per l'impianto, accusato di emanare "esalazioni nocive". I giudici usarono parole pesanti contro la determina dirigenziale, etichettandola come "superficiale" e puntando il dito contro la "mancanza di un preciso e serio accertamento" preventivo. E se il TAR si era limitato a riconoscere l'illegittimità del provvedimento, il Consiglio di Stato è andato ben oltre, accettando anche la richiesta di risarcimento dei danni formulata dalla ditta Vergine.
Prima il TAR e poi il Consiglio di Stato, infatti, hanno accolto il ricorso della società (rappresentata dall'avvocato Pietro Quinto) contro il provvedimento con cui la Regione, il 20 gennaio 2011 dispose venti giorni di sospensione per l'impianto, accusato di emanare "esalazioni nocive". I giudici usarono parole pesanti contro la determina dirigenziale, etichettandola come "superficiale" e puntando il dito contro la "mancanza di un preciso e serio accertamento" preventivo. E se il TAR si era limitato a riconoscere l'illegittimità del provvedimento, il Consiglio di Stato è andato ben oltre, accettando anche la richiesta di risarcimento dei danni formulata dalla ditta Vergine.
'enfasi data dalla stampa, locale e nazionale, alla chiusura della discarica, secondo i giudici di secondo grado, unita al fatto che "gli addebiti sono stati poi smentiti dal giudizio amministrativo di annullamento del provvedimento di chiusura", è la molla che fa scattare il diritto al risarcimento. Diecimila euro "in via equitativa", solo per cominciare, per arrivare a 60.000 euro complessivi, a cui si aggiungeranno le spese legali. Per risarcire il danno "materiale e d'immagine" provocato da quei tre giorni di chiusura della discarica.
LA REPUBBLICA