
La rappresentante degli industriali ha descritto la situazione presentando la carta d’identità del comparto metalmeccanico della sua zona. Le industrie maggiori sono le due che appartengono allo stesso gruppo Riva: una a Racconigi (dove si trasformano i «coils» d’acciaio in tubi e laminati) e l’altra a Lesegno (Riva Acciaio), che impiegano da sole 450 lavoratori. Altri 400 circa lavorano presso Cosmo di Busca, Profilmec e Damilano Group di Racconigi, Manitowoc di Lesegno. Ed ecco il dramma legato all’acciaieria più grande d’Europa: «Se i problemi di inquinamento rilevati dalla magistratura porteranno alla chiusura di quell’impianto - lamentano i cuneesi - mancherà l’acciaio per le lavorazioni con il risultato che tra i 4000 e i 6000 posti di lavoro saranno a rischio nella Granda (16 mila gli occupati del settore, 300 le aziende di cui molte totalmente dipendenti dall’acciaieria pugliese).
A preoccupare maggiormente le istituzioni e i rappresentanti economici di Cuneo è la sorte della «Cosmo», aziende leader nella costruzione di spandiconcime che utilizza i laminati di Taranto. L’impresa che esporta praticamente in tutto il mondo, ha avviato di recente importanti partnership in Asia e Africa. «Acquistiamo il 100% delle lamiere dalla Ilva, nel Cuneese almeno il 50% dell’acciaio arriva da quel fornitore. Se chiudesse, ci troveremmo a non avere materia prima o a doverla pagare chissà quanto, perché il mercato resterebbe in mano a tedeschi e francesi», ha dichiarato l’amministratore delegato della Cosmo, Duilio Paolino. «Le nostre imprese - ha spiegato la presidente Miroglio nella sua lettera a Passera - non sanno se potranno evadere gli ordini» perchè se chiudesse l’Ilva «sarebbero costrette a ripiegare su prodotti medi di importazione, perdendo il vantaggio competitivo di disporre di fornitori vicini».
L’industriale del Nord quindi chiede al ministro che «con l’obiettivo principe di tutela dei lavoratori e dei cittadini coinvolti, si compia ogni sforzo per assicurare la continuità operativa degli stabilimenti Ilva». «Il prezzo dell’acciaio salirà tra il 10 e il 20%», teme Domenico Annibale, presidente sezione Meccanica di Confindustria di Cuneo. A preoccuparsi sono anche i sindacati della categoria. Barbara Tibaldi, Fiom-Cigl: «L’Ilva è quanto resta del sistema industriale italiano: la bonifica va intesa come investimento per tutelare i dipendenti diretti, quelli dell’indotto e il territorio».