Maurizio Turco (Deputato Radicale)
e Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani hanno rilasciato la
seguente dichiarazione sul caso Ilva di Taranto:
Tocca far
presente all’on. Stefano Saglia, capogruppo del PDL in Commissione
attività produttive, che l’unico fumo nella vicenda Taranto è quello che
da decenni respirano i tarantini, ed è un fumo carico di ogni sorta di
veleni. La sede processuale non solo è idonea, ma è l’unica possibile.
La Procura di Taranto si è limitata a chiarire che non c’è facoltà d’uso
e che gli impianti potranno tornare a produrre solo quando e se non
rappresenteranno più un pericolo per la salute di operai e cittadini. A
chi continua a non voler capire, l’invito a leggere con attenzione
quanto disposto dal Tribunale del Riesame: “Dispone che i custodi
garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione
della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare
le situazioni di pericolo e dell’attuazione di un sistema di
monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”. Utilizzo, quindi,
solo ed esclusivamente per eliminare le situazioni di pericolo e per dar
corso alle prescrizioni. Per fortuna non spetta all’ex sottosegretario
Saglia stabilire l’idoneità delle sede processuale. A tutti coloro che
in queste ore si esercitano in interpretazioni più o meno autentiche,
gioverà ricordare che forse non saremmo arrivati a questo punto se
l’ottimo Vendola, anziché rilasciare interviste al giornale dei Riva,
avesse mantenuto gli impegni contenuti nella legge regionale n.44 del
dicembre 2008, che prevedeva un campionamento in continuo di
policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani. Come è noto, la
sbandierata “legge antidiossina” fu modificata 3 mesi dopo con la legge
regionale n.8 che cancellò il campionamento in continuo per passare ad
un più conveniente ”valore medio su base annuale” da calcolare “con
almeno tre campagne all’anno”. Eccolo il fumo vero: il fumo negli occhi
di mere operazioni di propaganda. A Saglia, a Vendola e a Clini
suggeriamo di passare qualche ora fuori alla raffineria Eni, ubicata
anch’essa a ridosso della città di Taranto. Probabilmente, se dotati
ancora di capacità olfattive si accorgerebbero che a Taranto il problema
non è rappresentato solo dall’Ilva. Nessun fumo ideologico
nell’intervento dei magistrati; di certo tanto fumo e poco arrosto da
parte di tutti coloro che negli ultimi 30 anni non hanno voluto vedere
cosa stava accadendo a Taranto. Caro Saglia, fuori ai campi di
concentramento i nazisti ponevano una scritta: “Il lavoro rende liberi”.
Forse quella scritta bisognerebbe metterla all’ingresso della città dei
due mari.
All’on. Fassina tocca rispondere che
nella vicenda Taranto l’unica cosa “irrituale” e “preoccupante” è
rappresentata dall’assenza di coloro che avrebbero potuto intervenire
anni fa per evitare che, anche a Taranto, prendesse corpo quanto Marco
Pannella va affermando da tempo: “La strage di legalità ha sempre per
corollario, nella storia, la strage di popoli.”