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sabato 7 luglio 2012

ERMANNO PIERONI. IL TARANTO IN D LO LASCIO AI TARANTINI


Ermanno Pieroni, dove è finito?
«Non sono sparito, è terminata solo la mia missione. Non  sono riuscito nell’opera di salvataggio ed ora auguro al Taranto di ricominciare. Di certo non tornerò in serie D. Non voglio che si speculi sul mio nome, io non faccio e non farò parte di nessuna cordata. Il Taranto ha bisogno di ripartire con una società nuova, formata da tarantini, senza i soliti personaggi del passato. Magari con una partecipazione attiva dei tifosi. Il progetto dell’azionariato popolare è un’idea validissima».
Ci può raccontare quel suo lungo mese di trattative?
«Il mio legame con la città e i tifosi resta forti. Sono stato  sensibilizzato da tanti amici tarantini che mi hanno chiesto un aiuto. Io per tre settimane ho letto le carte, le ho fatte vedere ad un gruppo romano che sembrava interessato. Ho avuto riunioni con la famiglia D’Addario al quale rivolgo il mio sostegno. Si può fare bene o male, ma penso che in questo momento stiano  attraversando un momento non facile».
Persa la semifinale playoff  cosa succede?
«Succede che ho  un contatto con Aldo Spinelli, uomo sensibile e persona di calcio. Sul tavolo gli  prospetto un progetto ad ampio respiro, con la garanzia dell’appoggio delle istituzioni locali. Il sindaco e il presidente della Regione si erano dati da fare con grande coraggio nello stimolare alcune forze imprenditoriali. Si poteva contare su una sponsorizzazione tra un milione e un milione  e mezzo per tre anni. Risorse su cui si potrebbe sempre contare».
E Spinelli?
«Spinelli ci ha pensato, ma dopo sono sopraggiunte altre questioni. L’abboccamento con il presidente del Sorrento, una chiamata da Trieste e poi le pressioni della piazza di Livorno. Questo tentativo non è andato a buon fine. Peccato, perchè si stavano creando le condizioni per ridare entusiasmo e stimoli a tutta una città».
Non è andato a buon fine  perchè, forse, l’esposizione debitoria era piuttosto pesante…
In realtà con un investimento di un milione e mezzo-due milioni si poteva mantenere la categoria, provvedendo alla rateazione dei contributi. L’idea di “bloccare” alcuni giocatori era proprio tesa a tenere in vita un patrimonio calciatori con cui fare mercato e incassare una buona cifra. In realtà l’operazione non doveva solo riguardare Sciaudone e Chiaretti. Ma anche Sosa e Di Bari».
Ma non si sarebbe risolto tutto…
«Si manteneva la categoria, ma si sarebbe andati incontro comunque ad una stagione “appesantita” da contratti esistenti per circa quattro milioni. Non sarebbe stata una gestione semplice».
A Taranto è difficile fare calcio?
«Non lo so. Purtroppo è una storia che si ripete. Basta guardare negli ultimi trent’anni, a parte l’era Blasi, c’è stato sempre un simile epilogo. I presidenti ci hanno sempre rimesso tanti soldi, me compreso. Anche Carelli, a cui mi lega un ricordo fortissimo e che mi dispiace molto non ci sia più. Ora, però, non bisogna commettere lo stesso errore».
Quale?
«Di dare l’osso a chi l’ha già masticato abbastanza. Taranto in D ha bisogno di facce nuove, una moralità e credibilità diversa. Che sappia dare entusiasmo alla tifoseria che ha il diritto e il dovere di partecipare di più alla vita calcistica rossoblù».

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