É crisi nel settore pesca. A lanciare l’allarme la marineria tarantina e le associazioni AGCI Pesca e Lega Pesca, da tempo in forte stato di agitazione. Tanti i problemi che attanagliano il sistema produttivo locale, come l’aumento dei costi di produzione, vale a dire manodopera, reti, acciaio, carburanti, e la stagnazione dei prezzi di vendita dei prodotti ittici nazionali in seguito all’aumento delle importazioni di pesce dai Paesi extracomunitari.
A peggiorare la situazione anche le regole dell’Unione Europea. Norme che, secondo i diretti interessati, non terrebbero conto “della specificità della pesca mediterranea’’, tali da comprometterne l’esistenza.
Le polemiche si riferiscono al regolamento Cee 1224 del 2009 e al relativo regolamento di esecuzione 404 del 2011 con le leggi sulla tracciabilità e sulla regolamentazione delle taglie minime dei prodotti ittici che accomuna le risorse mediterranee a quelle atlantiche.
Inoltre, vi è la progressiva scadenza dei benefici connessi all’estensione della legge 30 del 1998 con il conseguente raddoppio dei costi previdenziali ed assistenziali per ogni pescatore, oltre al decreto collegato al fermo temporaneo di pesca. Negli ultimi tre anni, infatti, la corresponsione dei benefici connessi al fermo dell’attività è stata differita di circa dodici mesi.
Senza parlare dell’inquinamento ambientale che sta letteralmente distruggendo l’ecosistema marino. Noto il caso delle cozze allevate nelle acque del capoluogo ionico contaminate da diossina.
«Altri e ben più agguerriti gruppi economici dovrebbero pagare per la tutela ambientale del nostro territorio – hanno dichiarato i responsabili delle associazioni – pare invece che il peso dell’impoverimento ambientale del compartimento debba ricadere sui pescatori e mitilicoltori ionici che perciò ne subiscono ogni conseguenza».
Senza una sana politica comune della pesca, hanno infine aggiunto, probabilmente il tracollo e la scomparsa del sistema pesca mediterraneo saranno inevitabili.
