Il destino è uno strano concetto che l’uomo scopre casualmente durante la sua vita. L'osteogenesi imperfetta è una malattia comunemente conosciuta con il nome suggestivo di “Sindrome delle ossa di cristallo”. Questa patologia crea problemi a carico dello scheletro, delle articolazioni, degli occhi, delle orecchie, della cute e dei denti. Un dramma per chi sin dalla nascita deve fare i conti con questo male. Una tragedia, però, non colpisce un uomo se questo uomo è un musicista di talento. La musica vince sempre la partita della vita. Il critico musicale Massimo Cotto ha scritto: “Impressionava il suo corpo deforme, le sue mani grandi compensavano, come se gli dei gli avessero lasciato il premio di consolazione”. La storia di Michel Petrucciani, piccolo grande musicista jazz, è nostalgica quanto commovente. Nonno napoletano immigrato negli Stati Uniti e padre chitarrista jazz, la malattia gli creava atroci dolori alle ossa e gli impediva la crescita. In sostanza non riusciva ad arrivare a toccare i pedali del pianoforte. Il padre riuscì ad inventare un incredibile meccanismo consistente in un parallelogramma articolato per raggiungere la pedaliera. Michel voleva suonare il pianoforte; amava quello strumento che lo rendeva libero, gli provocava forti emozioni. Il legame tra esperienze musicali e culturali statunitensi ed europee è molto antico. Il jazz ha sempre avuto solisti le cui esperienze erano condivise dalle due parti dell’Atlantico: Bobby Jaspar, Errol Prker, Josef Zawinul e, naturalmente, Michel Petrucciani. Bravura tecnica, genialità, dominio della tastiera, tocco inconfondibile il Petrucciani rivendicava, e ringraziava, sempre la musica: “Non potendo avere una vita normale mi sono dedicato alla musica”. Era talmente talentuoso che effondeva emozioni uniche. "Per me suonare il piano è come fare l’amore, come un orgasmo. E’ meraviglioso e non è pornografico farlo davanti al pubblico. Anzi, è legale." Gravi complicazioni polmonari spensero per sempre i riflettori sulla vita di Michel a soli 37 anni. Il jazzista italoamericano non prendeva la musica troppo sul serio. Egli era solito asserire che con la musica bisognava sapersi semplicemente divertire. Aveva calpestato i più grandi palcoscenici del mondo, duettando con i maestri jazz rapportandosi con umiltà all'arte, senza mai far notare quella sua diversità. Un uomo alto appena un metro e le cui ossa si spezzavano al solo tocco far riflettere. Perché? Per la sua capacità di ritagliarsi uno spazio di vita normale che nemmeno il fato ha potuto ostacolare e cambiare.
MASSIMILIANO RASO
MASSIMILIANO RASO