Non sono soltanto i tarantini doc a sentirsi più soli, con la scomparsa del Cras dalla serie A1 e da tutti i campionati nazionali femminili di basket.
Anche i tarantini… di adozione si sentono orfani da martedì scorso. Ad iniziare da Roberto Ricchini, il coach che più di tutti ha legato il suo nome a questa città e che più di tutti ha lasciato un segno, infarcendo l’albo d’oro del club con tre scudetti, una coppa Italia, due supercoppe ed un trofeo da seconda classificata in EuroCup.
«Sicuramente, chi ha vissuto da dentro questi anni, come me, soffre tanto questa decisione del presidente Basile. Ma ci eravamo un po’ tutti preparati. Le avvisaglie c’erano state dodici mesi fa, molti hanno pensato che si trattasse dell’ennesimo sfogo e che alla fine iscrivesse ancora la squadra in A1, invece stavolta non ha avuto tentennamenti».
Vincere tanto può rappresentare una sorta di “punto di non ritorno”. Taranto è l’ennesima piazza che sparisce dopo aver toccato a lungo i vertici nazionali del basket in rosa. I soli club di lunga militanza sono ormai Parma e Priolo, che hanno vinto qualcosa e poi si sono accontentate di mantenersi a galla.
«Investire nello sport, in questo momento, non è facile per nessuno – puntualizza Ricchini -. I due club hanno saputo sfruttare alcuni momenti favorevoli per vincere. A Priolo l’iscrizione alla A1 è ogni anno a rischio, ma qualcuno riceve gli appelli dei dirigenti priolesi. A Parma Bertolazzi gestisce da 30 anni contando sempre su qualche sponsor, in una regione ricca».
C’è chi ha saputo ripartire facendo passi indietro e puntando sui propri floridi settori giovanili, come Venezia e Sesto. Forse a Taranto si doveva lavorare di più sul vivaio. «Queste due società operano in ambiti logistici migliori rispetto al nostro. La Reyer ha rastrellato il Veneto, il Geas opera in un complesso fitto di società giovanili dell’hinterland milanese. Ci sono situazioni che vanno al di là della buona volontà dei dirigenti. Mi auguro che il club possa comunque porre le basi per un nuovo ciclo partendo proprio dal vivaio».
Resta l’emorragia inarrestabile di società (femminili come maschili), cui la Fip non riesce a porre rimedio. «Ma dovrà studiare qualcosa per bloccare questa emorragia – dice Ricchini – studiando qualche soluzione insieme alle Leghe».
Finisce un ciclo, Ricchini, che ne è stato uno dei protagonisti principali si porterà con sè ad Alessandria questi pensieri: «Un ciclo indimenticabile, perché in questi anni ho operato in un ambiente eccezionale, come pochi nel basket femminile. I rapporti umani sono alla base di tutto, con Basile e lo staff dirigenziale e tecnico abbiamo lavorato in grande sinergia, tutti hanno remato dalla stessa parte. Così abbiamo costruito questo ciclo di successi. Il rapporto speciale con la tifoseria sarà uno dei più bei ricordi che porterò con me».
Chi conosce a fondo Taranto ne resta calamitato. E quando va via, si augura di tornarci prima o poi. Ricchini chissà, magari da avversario…
di Antonio Bargelloni CORRIERE DEL GIORNO