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venerdì 13 luglio 2012

POSSIBILE SEQUESTRO DEGLI IMPIANTI ILVA

Il Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha indetto una riunione tecnica sull’Ilva di Taranto che si terrà oggi , 13 luglio, alla presenza dei rappresentanti del ministero dello Sviluppo economico e del ministero per la Coesione territoriale e della regione Puglia.
Motivo dell’incontro: esaminare le condizioni dello stabilimento “con particolare riferimento alla recente iniziativa della magistratura a carico dell’impresa per i reati di inquinamento ambientale” e verificare lo stato delle iniziative in relazione “all’autorizzazione ambientale integrata degli impianti” ed “alla bonifica del sito industriale”.
Non è la prima volta che si tenta di chiudere lo stabilimento di Taranto. Anche la scorsa estate i carabinieri del nucleo operativo ecologico si erano fortemente attivati per chiedere il sequestro del centro siderurgico dopo aver svolto numerose indagini che testimoniavano i reati commessi dalla società. Reati che vanno dal disatro ambientale colposo, alle omissioni di cautele contro gli infortuni su lavoro, al danneggiamento di beni pubblici, allo sversamento di sostanze pericolose.
Questa volta, però, molti hanno paura che per lo stabilimento di Taranto sia arrivata davvero la fine. Inquina troppo e da anni la gente si ammala, su questo non ci sono dubbi. Eppure c’è chi, a Taranto, non riesce ad essere del tutto contento immaginando una eventuale chiusura della fabbrica. Cinquemila sono i lavoratori che si ritroverebbero senza occupazione. La riunione di domani, e poi la prossima del 19 luglio che dovrebbe determinare le sorti definitive della società desta quindi un certo timore negli animi dei sindacati. Timore che la magistratura faccia quello che avrebbe dovuto fare ormai da molto tempo, dal momento che le indagini sull’Ilva di Taranto sono partite ormai vent’anni fa.
Se si arrivasse alla chiusura della fabbrica, infatti, cinquemila persone rischierebbero di trovarsi da un giorno all’altro per strada. “Un disastro”, dicono i sindacati. Ma “disastro” è anche la parola che viene usata, non solo dagli ambientalisti ma anche dai comuni cittadini per definire il danno creato dalla società in questione in tutti questi anni. Casi di malati di tumore a causa dell’Ilva di Taranto si sono avuti non solo nelle vicinanze della fabbrica ma in molte altre zone solo teoricamente “lontane”. Persino nel basso Salento ci sono stati numerosi casi di decessi a causa di tumori determinati proprio dall’Ilva, poiché, come hanno dimostrato molti scienziati, è anche il vento tossico della fabbrica ad inquinare e ad ammalare, soffiando verso il tacco d’Italia.
Non si capisce, quindi, quale sia il maggiore disastro, dal momento che le perizie della magistratura mostrano una correlazione scientifica tra l’inquinamento, le malattie e lo stabilimento dell’Ilva. Solo a Taranto, nei 7 anni presi in considerazione dalle indagini, ci sono stati 174 decessi “da inquinamento”, avvenuti in particolare nei quartieri Tamburi e Borgo.
Leggiamo nella perizia dei magistrati: “È emerso un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11 per cento), in particolare per tumore dello stomaco (+107), della pleura (+71), della prostata (+50) e della vescica (+69). Tra le malattie non tumorali sono risultate in eccesso le malattie neurologiche (+64) e le malattie cardiache (+14). I lavoratori con la qualifica di impiegato hanno presentato eccessi di mortalità per tumore della pleura (+135) e dell’encefalo (+111). Il quadro di compromissione dello stato di salute degli operai della industria siderurgica è confermato dall’analisi dei ricoveri ospedalieri con eccessi di ricoveri per cause tumorali, cardiovascolari e respiratorie”.
E i vertici dell’Ilva sembrano essere coscienti di tutto ciò. Così coscienti che due di loro – il presidente del gruppo, Nicola Riva e il direttore dello stabilimento, entrambi indagati – hanno già deciso di mettersi in ombra, di mollare il gruppo, probabilmente spaventati dai recenti atti resi pubblici dalla magistratura e dalle riunioni ministeriali che si terranno in questi giorni.

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