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giovedì 12 gennaio 2012

CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

Pubblichiamo l'articolo dei coniugi suicidatosi fra l'indifferenza dei nostri politici inviatoci, personalmente da un collaboratore della GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO.
TARAStv divulga, ringraziando la testata giornalistica, per l'attenzione rivolta al nostro Blog e si unisce all'indignazione.


11/01/2012 - 09:26 - La lettera di Salvatore De Salvo: La nostra discesa all’inferno senza ritorno

Questa lunga lettera, datata 2 novembre 2009 e intitolata «2009: Odissea in Terra di Bari», è stata consegnata alla «Gazzetta» lo scorso anno, insieme a molta altra documentazione che racconta cinque anni di sofferenze e di umiliazioni. La pubblichiamo per intero: è il «testamento» dei due coniugi morti domenica 
di SALVATORE DE SALVO
e ANTONELLA AZZOLINI
Dedico questa mia testimonianza a coloro che hanno perso tutto tranne la dignità, a coloro che la società ignora nonostante ne facciano parte, a coloro che combattono per la vita pur avendo la morte nel cuore. 
Entrare in una Casa d'Accoglienza, dove i Servizi Sociali del Comune ti destinano quando il destino ti ha tolto tutto (il lavoro, la casa, le tue cose, i tuoi familiari... e la voglia di vivere), è un evento che, se per alcuni costituisce la soluzione del problema, per altri rappresenta una condanna sociale. Per Salvatore e Antonella, una coppia che ha superato i 60anni e che cinque anni fa vivevano serenamente nella propria casa, svolgendo in libertà ed armonia quelle azioni quotidiane come prepararsi da mangiare ciò che piaceva a entrambi, godersi seduti sui divano uno spettacolo televisivo e darsi l'ultimo bacio della giornata prima di addormentarsi a contatto di braccia, fu come entrare nell'inferno. Costretti a vivere con persone dalle fedine penali infarcite di ogni reato, dai comportamenti arroganti e ineducati e dall’igiene personale resa impraticabile dalla caldaia costantemente in avaria; messi davanti a pietanze cucinate da «cuochi» raccolti fra gli ospiti volontari e versate in piatti graffiati da mille lavaggi; sistemati in stanze separate (umide, senza riscaldamento, con infissi rotti) e su giacigli più adatti ad un fachiro che idonei al riposo notturno, sprofondammo in un disagio psicologico e fisico maggiore di quello che ci spinse prima di allora - a causa della perdita del lavoro - a tentare il suicidio per ben due volte. 
Ma questa volta volevo reagire al destino che mi aveva gettato in quel fossato e, seppur addolorato dalle comprensibili quotidiane lacrime di mia moglie, mi feci coraggio e cominciai a combattere per la vita; a lottare per riemergere; a predisporre tutte le mie risorse per fuggire da quella «Casa di pena sociale» che chiamano SoleLuna. 
A 60anni, era il settembre 2007, pur proponendomi per qualsiasi lavoro, nessuna ditta era disposta a prendermi, tranne un produttore di materassi che considerava i clienti polli da spennare. Intanto, i Servizi Sociali del Comune di Bari, prodighi di «comprensione» e «promesse », si erano dimenticati di noi, nonostante i miei appelli epistolari ed un annunciato sciopero della fame. Dopo dieci giorni ad acqua e cappuccino nella più totale indifferenza delle istituzioni cittadine, un comprensivo giornalista de «La Gazzetta dei Mezzogiorno», Luca Natile, ci dedica un articolo («Noi sfrattati non possiamo vivere insieme»), nel quale descrive la nostra situazione di disagio esistenziale. Improvvisamente passiamo dal più glaciale disinteresse ad una pioggia di calorose telefonate dedicateci da tante persone, anche autorevoli, che ci assicuravano «a parole» la loto solidarietà che, dopo un po’, sarebbe svanita come una nave all’orizzonte. Solo Rai2 ci aiutò concretamente, ospitandoci nella trasmissione di Alda D’Eusanio «Ricomincio da qui». Durante l’intervista televisiva, che andò in onda il 28 novembre 2007, intervenne personalmente l’assessora alle Politiche Sociali del Comune di Bari, Prof.ssa Susy Mazzei, che pubblicamente dichiarò la propria disponibilità ad aiutarmi, offrendomi la gestione commerciale delle lavanderie tenute, per conto del Comune di Bari, dalia Coop. Onlus Caps (la stessa che ci ospitava nelia Casa SoleLuna). Applausi dei pubblico in studio, abbraccio augurale della conduttrice, viaggio di ritorno gioioso: finalmente torniamo a sperare! 
Ma dal dire ai fare cominciarono a passare giorni, settimane, mesi, incontri, telefonate, bozze di contratto più volte modificate, proposte alternative, fax, lettere di sollecito, preghiere. 
Fino al 9 aprile 2008 - dopo cinque mesi da quella promessa di aiuto in televisione-quando, persa ogni speranza, inviai una lettera che descriveva la mia delusione ed il mio avvilimento all’assessora Mazzei, al Sindaco Emiliano, al Presidente del Caps, oltre ad alcuni giornali, e fuggii insieme a mia moglie in un luogo dove mettere fine al nostro tormento. Vagammo per due giorni senza meta, senza mangiare e dormendo in auto quando, la mattina del terzo giorno, quello per noi risolutivo, mi giunse al cellulare una soluzione di segno opposto: «Fermati e rientra perchè ti abbiamo trovato una collocazione in Asl-Ba che finalmente darà una svolta positiva alla tua vita». Era la voce dell’assessora Susy Mazzei. 
L’11 aprile 2008 faccio il colloquio, nella sede di Giovinazzo della Asl-Ba, con il Coordinatore delle Politiche e delle Azioni di Inclusione Sociale e Lavorativa, dott. Ernesto Chiarantoni che, nel valutare la mia situazione di disagio psico-sociale descritta nella lettera di presentazione della Coop. Caps, mi assicura che rientro nei requisiti previsti dal Progetto dì inclusione delia Asl-Ba (tirocinio di un anno e successiva stabilizzazione nell’Ente). 
Nel consegnare i miei documenti e il curriculum, il 14 aprile 2008 firmo il documento di inserimento nel Progetto insieme all’allora Commissario Straordinario Asl-Ba, avv. Lea Cosentino. Il 21 aprile incomincio a lavorare nella Asl-Ba sede dì Giovinazzo, assegnato all’Ufficio di Coordinamento: puntualità, disponibilità operativa (ho fatto anche il facchino nonostante soffrissi di ernia inguinale), educazione, correttezza, volontà e dedizione (mai un giorno di assenza per permessi o malattie) sono le qualità che dal 21 aprile 2008 al 21 aprile 2009 ho dedicato al lavoro che mi è stato offerto e che possono confermare superiori e colleghi. 
Alcuni mesi prima, a fine 2008, avevo notato situazioni operative, comportamenti e utilizzo di risorse aziendali non in linea con i principi di sana amministrazione e trasparenza. Tuttavìa, fedele all’obbligo di riservatezza riportato nel documento da me sottoscritto con l’avv. Cosentino, mi sono limitato a proporre, in una lettera indirizzata il 1° aprile 2009 ai Dirigenti della Asl-Ba, la creazione di un Servizio Monitoraggio Sprechi finalizzato al contenimento delle spese e gestito dallo scrivente. Non ebbi nessuna risposta e dopo, con quello che lessi sui giornali, capii di essere stato un ingenuo: come potevo sperare che rispondessero ad una simile proposta di efficienza e risparmio coloro che stavano per essere investiti dagli scandali sulla malasanità pugliese? 
Una copia di questa lettera la inviai, il 14 aprile 2009, al Presidente della Regione Puglia dott. Nichi Vendola che un mese prima, a fronte di una cordiale corrispondenza, mi dedicava le seguenti parole: «Ti ringrazio Salvatore per la tua analisi, come sempre densa di verità e spunti di riflessione. Buon tutto Nichi». Non ebbi nessuna risposta. 
Ma il 21 aprile 2009, alle ore 11,15, proprio nel giorno in cui avrei dovuto avere conferma alla mia assunzione in Asl-Ba, l’avv. Lea Cosentino mi comunica che il 10/4/2009 aveva firmato una delibera che annullava le due precedenti delibere del 2007: quelle che avevano consentito il citato Progetto di inclusione. Questa decisione, a suo dire, era stata presa perchè su alcune pratiche erano stati riscontrati illeciti effettuati da alcuni suoi direttori. Nello stesso giorno in cui avrei raggiunto la vetta della felicità vengo rigettato nel burrone della disoccupazione e nella disperata consapevolezza di una salvezza irirrimediabilmente compromessa. Avevo perso l’ultima occasione che mi avrebbe consentito di presentarmi a mio figlio ed ai miei due nipotini, che non avevo mai conosciuto, come un padre e un nonno vincente. 
Quando riferii l’episodio a mia moglie, questa fra le lacrime mi disse: «...amore mio, ti prego, aiutami a morire, non sopporto più di vivere così, non sopporto più di vederti così». lì 28 aprile 2009 descrivo dettagliatamente l’accaduto in una lettera che invio a Nichi Vendola, che considero una persona sensibile ai problemi dei disagiati in relazione alle sue pubbliche dichiarazioni: «Dobbiamo aiutare i ceti popolari, di chi vive nella paura per il proprio futuro e di perdere il proprio lavoro»; «Adesso sono veramente incazzato, faremo di tutto per difendere la stabilizzazione dei precari nella Sanità»; «Sovversivo, perché ho sempre messo gli ultimi al primo posto». Non ho ricevuto nessuna risposta! Dopo quella lettera densa di amarezza, inviata il 28 aprile, altre 70 lettere ho inviato - fino al 20 ottobre 2009 - al dott. Nichi Vendola: il paladino «a parole» dei disagiati, degli esclusi e degli ultimi. Ma la mia fiducia nelle qualità, nell’onestà e nella sincera solidarietà dell’uomo Vendola si è ahimè infranta contro le imprevedibili metamorfosi che quelle virtù subiscono nell’animo del politico. 
II 18 maggio inviai all’avv. Cosentino una «lettera aperta» nella quale evidenziavo l’incoerenza che c’era tra le sue firme apposte su delibere, atti, disposizioni, circolari, documenti, assunzioni prodotti negli anni 2007/2008 e riguardanti il Progetto di inclusione, e la sua firma apposta su una delibera (n° 955 del 10/4/2009) che rendeva nulla tutta la produzione cartacea dei due anni precedenti. Nella lettera ventilavo l’ipotesi di una lunga (due anni) cecità sua e della sua numerosa corte di Dirigenti, Direttori, Funzionari e Impiegati che avevano «diligentemente» firmato, ignari o complici, i suddetti documenti. Oppure si trattava di una frode commessa da Qualcuno per procurare a sé o ad altri un illecito profitto in danno dei veri disabili e disagiati. 
Questa lettera, che inviai anche al Governatore Vendola, all’assessore Fiore e ad alcuni giornali, produrrà come unica risposta - un invito a recarmi presso il Csm (Centro di Salute Mentale, n.d.r.) di Bari con minaccia, se mi fossi rifiutato, di farmi subire un Tso riservato ai matti pericolosi. Un provvedimento ispirato sicuramente da Qualcuno, che ricorda tanto i gulag di staliniana memoria. A fine maggio, in piena campagna elettorale, inviai a numerosi politici, aspiranti e di carriera, una descrizione della mia disavventura insieme ad una richiesta di intervento, giacché le istituzioni e i giornali dimostravano un totale disinteresse. Questi, troppo impegnati a riempire intere pagine sulle pulsioni sessuali del Cavaliere e sul «sistema criminale» che si stava delineando dalie indagini sulla malasanità pugliese, consideravano la tragedia di un «poveraccio», anche se vittima della stessa malasanità, una notiziuola di scarso interesse rispetto a quelle riguardanti Noemi, la D’Addario e Tarantini: «Non toccate Caino, perchè Abele non fa notizia!». 
Dei succitati politici, soltanto il prof. Francesco Schittuili e l’avv. Mario Russo Frattasì mi dedicarono parole di solidarietà e qualche velata promessa che, dopo le eiezioni, furono travolte dal rullo compressore della politica che appiattisce ogni sentimento e umana vibrazione. 
Arriviamo al 10 giugno 2009, giorno in cui, dopo l’invito «perentorio» di cui sopra e conseguente alla mia «lettera aperta» all’avv. Cosentino, mi reco al Csm di Bari dove la direttrice dott.ssa Tina Abbondanza e il sindacalista/ infermiere dell’Asl-Ba, Gianfranco Carbone, mi propongono la loro disponibilità a «costruirmi» una pratica di invalidità psichica falsa al fine di consentirmi l’accesso «facilitato» nel gruppo di coloro che la Asl-Ba avrebbe assunto tramite bando riservato ai disabili, ribadendo che se non avessi accettato questo «aiuto» non avrei avuto nessun’altra possibilità di lavorare nella Asl-Ba. Fortunatamente avevo portato con me un registratore. Dissi che ci avrei pensato su e, dopo qualche giorno, determinato a conservare la mia onestà e a non defraudare i veri disabili, il 26 giugno 2009 denunciai l’accaduto in una lettera («Un problema da risolvere») che consegnai, dopo averla fatta protocollare, a: dott. Nichi Vendola (Presidente Regione Puglia), Prof. Francesco Schittulli (Presidente Provincia di Bari), dott. Michele Emiliano (Sindaco di Bari). 
Mi sarei di aspettato una risposta di approvazione e solidarietà per il rifiuto a commettere un illecito, ma l’unico «premio» dedicato dalle Istituzioni all’onestà di un cittadino disagiato è stato un gelido ostinato silenzio: alle 50 e più lettere che ho inviato loro dal 26 giugno al 26 settembre 2009! Non ero meravigliato da tanta indifferenza, poiché il Sindaco Emiliano mi aveva già abituato alle «lettere senza risposta» dal 22 settembre 2007: la prima di una lunghissima e consistente serie dì lettere, non solo richiedenti un sostegno al mio reinserimento socio-lavorativo ma anche relative ad un mio progetto di creazione di posti di lavoro. Era il febbraio 2008 quando presentai in anteprima al dott. Emiliano il progetto «Sovrintendenti di Strada», che successivamente ho inserito nel sito «www.azionecivile.webs.com»; che l’assessorato alla Solidarietà della Regione Puglia ha ritenuto, per la sua rilevanza sociale, degno di patrocinio «gratuito» concesso il 19/2/2009; che la città di Milano ha realizzato il 28/09/2009 (esattamente due anni dopo la mia prima presentazione al Sindaco di Bari) con l’iniziativa «spazzino di via adottato da uno sponsor». 
Dal 7/2/2008 al 14/10/2008 ho sollecitato ripetutamente (7 volte) il dott. Emiliano a sostenere concretamente la realizzazione del mio propetto dedicato alla tutela ambientale e all’inclusione lavorativa. Ma nessuna risposta gunse mai dai Palazzo di città, il cui principale inquilino, dopo due mesi (il 31 dicembre 2008) avrebbe annunciato ai futuri elettori delle amministrative che la sua nuova sfida sarebbe stata: «Un lavoro per 30.000 baresi», lo, in più di due anni, non ho avuto dal «Benefattore di Bari» nemmeno due righe di risposta alle mie settanta e più lettere-fax-email! Arriviamo a settembre 2009 quando, avviliti da tanta crudele e ostinata indifferenza al nostro tormento esistenziale, mia moglie ed io decidiamo di porre fine alle umiliazioni, alle delusioni ed alle privazioni (15 giorni di agosto vìssuti ad acqua e panini) lasciandoci consumare in uno SCIOPERO DELLA FAME che annunciamo in una lettera («Ringraziamenti») che inviamo a tutti: istituzioni, giornali e politici. 
Solo il Ministro Maurizio Sacconi mostra un po’di pietà per la nostra condizione di disagio estremo (già denunciato per iscritto a tutti, il 4 settembre, dalla direttrice e dalla psicologa di Casa SoleLuna che, nel ribadire la nostra perfetta salute mentale, sollecitavano un concreto intervento finalizzato ad evitare l’irreparabile), attivando una équipe di medici che si fanno promettere la ripresa della nostra alimentazione e scompaiono in una nuvola di improbabili promesse che, a tutt’oggi, sono ancora per aria. 20 ottobre 2009. Un coraggioso giornalista d’assalto de «La Gazzetta del Mezzogiorno», Massimiliano Scagliarini, dopo alcune pregevoli inchieste sulla malasanità pugliese, dedica un’intera pagina alla mia disavventura con il Csm di Bari vissuta nel giugno scorso e titola: «Mi volevano finto invalido per potermi dare quel lavoro», pubblicando accanto all’articolo la trascrizione della mia registrazione relativa all’incontro con i due responsabili della Asl-Ba. 
27 ottobre 2009. Deposito presso la Procura della Repubblica di Bari una denuncia relativa agli iileciti commessi dai Dirigenti e Funzionari della Asl-Ba nel vergognoso pasticcio dei «tirocini finalizzati alla stabilizzazione » ed includo, nell’esposizione dei fatti, il comportamento omissivo dì quanti sono stati da me informati in merito alle succitate inadempienze, fraudolenze e connivenze. E hanno fatto finta dì niente! È novembre, manca poco alla fine del terribile anno 2009. Le piogge abbondanti hanno ingrandito e rese più nere le macchie di umidità che invadono il soffitto della nostra fredda stanza-prigione e le nostre articolazioni reclamano quello stesso calore che i nostri cuori ni inno ormai dimenticato. Natale è alle porte e una festa che esalta gli affetti familiari rischia di farci ripiombare nella più buia delle solitudini e nel tormento più insopportabile. Due cani randagi forse avrebbero avuto maggiori attenzioni, invece, per noi, qualche farabutto desideroso di metterci il bavaglio, ha brigato per imprimerci lo stigma della pazzia e per rinchiuderci in un manicomio. Ma noi, illustri aguzzini, siamo sani di mente e sfidiamo tutti voi a confrontarvi con noi e a mantenervi così lucidi ed equilibrati dopo cinque anni vissuti all’inferno. Pertanto, non scomodatevi a farci visita per soffocarci con la vostra falsa e inutile pietà. Tanto, quando arriverete non ci troverete!

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