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giovedì 21 febbraio 2013

ILVA. IN 6400 IN CASSA INTEGRAZIONE

Un piano di risanamento dei reparti inquinanti dell’Ilva Taranto che prevede investimenti per oltre 2 miliardi di euro. La realizzazione delle opere prescritte dall’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, approvata ad ottobre scorso. Il programma dei lavori è nelle mani dei sindacati, che smettono di gioire però, non appena si accorgono del prezzo da pagare. Alto, altissimo.
La cassa integrazione straordinaria chiesta per oltre 6400 operai. Come fare un balzo negli anni ’80. Gli impianti da sottoporre a revisione, in 2 anni, sono: il reparto agglomerazioni, l’acciaieria, le cokerie, cui verrà applicato il sistema di spegnimento del carbone coke, riducendo le emissioni nell’atmosfera.
I parchi minerari, la cui copertura è da sempre stata elencata come una priorità. La ristrutturazione degli altiforni 1 e 5, oltre a interventi vari ed eventuali. Il conto è presto fatto. E prevede uno stop di 2 anni perciò, dei lavoratori impiegati in questi reparti.
E’ come uscire da una casa in fase di ristrutturazione. I disagi sono pesanti e c’è da sperare non insorgano complicazioni che allungano i tempi o magari impongono di trovare un’altra sistemazione, in caso di licenziamento.
I lavoratori coinvolti nella cassa integrazione a zero ore, operano sia negli impianti a caldo che a freddo. Intanto il gip Patrizia Todisco ha autorizzato la vendita dei prodotti finiti, lamiere e coils fermi sui piazzali Ilva da mesi. Per evitare il loro deterioramento. Il gip ha dato incarico ai custodi di realizzare la vendita e di bloccare i proventi realizzati in un fondo vincolato e non a disposizione dei Riva.
Che già pensano di impugnare l’atto, come i sindacati hanno già puntato i piedi contro la richiesta di cassa integrazione, a loro avviso eccessiva. Resta da aspettare la discussione del piano, che avverrà giovedì al ministero del Lavoro e l’approvazione, a partire dal 3 marzo, scadenza fissata per l’inizio della Cig.

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