Brindisi, sindaco in testa, rifiuta l’ipotesi di vivere all’ombra di
Taranto (così temono). L’accorpamento decretato dal Governo, su
indicazione della Regione, non piace alla città adriatica che, invece,
preferisce il Salento. Una battaglia, quella dei brindisini, che sta
coinvolgendo anche i Comuni limitrofi. Consales (il sindaco) non mollerà
sino all’ultimo giorno utile, prima che il decreto sul riordino diventi
legge.
Assessore, Brindisi si difende o ci sta provando?
«Brindisi non ha nulla da temere. La nuova provincia con Taranto è una grande occasione per tutti. Il timore è un altro: qualcuno sta provando a tirare uno scherzo mancino a Taranto».
Ce l’ha con Consales?
«Ce l’ho con i politici e con le testate giornalistiche che stanno sostenendo un’idea pazzesca: una provincia con 1,8 milioni di abitanti, da Ginosa a Leuca».
C’è un decreto legge, però!
«Ed è il frutto, per quanto riguarda la Puglia, del lavoro capillare svolto in Regione. Ho fatto di tutto e ho portato a casa, per la mia città, un risultato aderente alle reali esigenze del territorio di Taranto e di Brindisi, ripeto».
Ma qualcosa è cambiato…
«Proprio così. Nel decreto, poi pubblicato, emerge una modifica formale che sostanzia una possibilità da contrastare con forza: Taranto rischia di perdere lo status di capoluogo».
Si spieghi.
«Siamo la città più popolosa e lo status di capoluogo, a prescindere dalle forme che si vuol dare alla provincia, ci è riconosciuto dalla norma. Ma il primo comma del articolo 3 del decreto, ancora da convertire in legge, recita che il nuovo capoluogo è sì quello avente maggior popolazione…».
Ma?
«… Ma all’improvviso è stato aggiunto: ‘salvo il caso di diverso accordo, anche a maggioranza, tra i Comuni già capoluogo di provincia».
Ciò significa che se Brindisi scegliesse Lecce…
«Proprio così. Se il Governo tornasse sui suoi passi e decidesse per la grande provincia salentina, e quindi Brindisi sostenesse Lecce, quest’ultima diventerebbe capoluogo nonostante sia più piccola di Taranto. Ecco cosa stiamo rischiando! Ma vedo che interessa a pochi. Quasi a nessuno».
E su questo cavillo, Brindisi sta mettendo su una cordata di Comuni pro Lecce. Più svegli i brindisini o addormentati i tarantini?
«Io penso ai tarantini e penso che come al solito stiamo sottovalutando le cose. Tranne la Provincia, unico interlocutore in questa storia, vedo troppa distrazione da parte di tutti i Comuni. Ma non solo».
Ovvero?
«Tutte le istituzioni locali rischiano di diventare periferiche, succursali di sedi che sarebbero centrali e strategiche: sindacati compresi. Non colgono il rischio, questo è il dramma».
É pur vero che Taranto in questi giorni è preda dei suoi guai.
«Comprendo che la vicenda dell’Ilva assorba del tutto. Ma il rischio che corriamo è gravissimo. Taranto potrebbe tornare provincia di Lecce. Tutto ciò, nonostante il lavoro svolto in Regione dal sottoscritto, dopo aver coinvolto tutti i consiglieri regionali tarantini e pure un brindisino. Ma dopo la pubblicazione del decreto, e l’iniziativa assunta da Consales, si sta per partorire un mostro, altro che accorpamento. Il grande salento sarebbe troppo esteso, sin troppo eterogeneo e, soprattutto, sarebbe ingovernabile. Senza contare il passo indietro che Taranto farebbe».
Beffa e danno vanno sempre a braccetto. A Taranto passeggiano, di solito.
«La città capitale dell’acciaio… della Magna Grecia… della Marina Militare.. finisce in provincia di Lecce. Accadeva in epoca pre industriale. In tanti, troppi, non si sono nemmeno accorti che Taranto ormai è in epoca post industriale. Non riescono nemmeno a leggere questa fase storica!».
Forse, la percezione comunque è che il riordino sia solo un gioco di poltrone o strapuntini da preservare o creare.
«E invece no. Perchè tutto è strutturato su base provinciale. Gli enti e le istituzioni sarebbero ridimensionati in caso di perdita dello status di capoluogo. Taranto diverrebbe un grande sportello di periferia, con le direzioni centrali a cento chilometri. A Lecce».
Che fare, dunque?
«Guardi. Io ho già fatto tutto quello che potevo prima del 22 ottobre, quando la Regione ha poi spedito a Roma le esigenze espresse dal territorio, rispettando l’autodeterminazione delle comunità. Se poi qualcuno ha modificato il decreto, aggiungendo quel cavillo, evidentemente c’è un’altra partita in corso. Taranto deve affrontarla come si deve, svegliandosi però!».
E una volta svegliata?
«Del rischio ho informato immediatamente Vico e Florido. Il mio ruolo confina ogni possibile azione alla Regione. E mi sembra che lì abbiamo lavorato perbene e per tempo. La campana va suonata per i sindaci di Taranto e di tutti i paesi, tranne Avetrana che sceglie Lecce e Manduria oggi commissariata. Dobbiamo difendere lo status di capoluogo. Mi auguro che tutti i sindaci ionici si facciano sentire, tutti i 27!».
CORRIERE DEL GIORNO
Assessore, Brindisi si difende o ci sta provando?
«Brindisi non ha nulla da temere. La nuova provincia con Taranto è una grande occasione per tutti. Il timore è un altro: qualcuno sta provando a tirare uno scherzo mancino a Taranto».
Ce l’ha con Consales?
«Ce l’ho con i politici e con le testate giornalistiche che stanno sostenendo un’idea pazzesca: una provincia con 1,8 milioni di abitanti, da Ginosa a Leuca».
C’è un decreto legge, però!
«Ed è il frutto, per quanto riguarda la Puglia, del lavoro capillare svolto in Regione. Ho fatto di tutto e ho portato a casa, per la mia città, un risultato aderente alle reali esigenze del territorio di Taranto e di Brindisi, ripeto».
Ma qualcosa è cambiato…
«Proprio così. Nel decreto, poi pubblicato, emerge una modifica formale che sostanzia una possibilità da contrastare con forza: Taranto rischia di perdere lo status di capoluogo».
Si spieghi.
«Siamo la città più popolosa e lo status di capoluogo, a prescindere dalle forme che si vuol dare alla provincia, ci è riconosciuto dalla norma. Ma il primo comma del articolo 3 del decreto, ancora da convertire in legge, recita che il nuovo capoluogo è sì quello avente maggior popolazione…».
Ma?
«… Ma all’improvviso è stato aggiunto: ‘salvo il caso di diverso accordo, anche a maggioranza, tra i Comuni già capoluogo di provincia».
Ciò significa che se Brindisi scegliesse Lecce…
«Proprio così. Se il Governo tornasse sui suoi passi e decidesse per la grande provincia salentina, e quindi Brindisi sostenesse Lecce, quest’ultima diventerebbe capoluogo nonostante sia più piccola di Taranto. Ecco cosa stiamo rischiando! Ma vedo che interessa a pochi. Quasi a nessuno».
E su questo cavillo, Brindisi sta mettendo su una cordata di Comuni pro Lecce. Più svegli i brindisini o addormentati i tarantini?
«Io penso ai tarantini e penso che come al solito stiamo sottovalutando le cose. Tranne la Provincia, unico interlocutore in questa storia, vedo troppa distrazione da parte di tutti i Comuni. Ma non solo».
Ovvero?
«Tutte le istituzioni locali rischiano di diventare periferiche, succursali di sedi che sarebbero centrali e strategiche: sindacati compresi. Non colgono il rischio, questo è il dramma».
É pur vero che Taranto in questi giorni è preda dei suoi guai.
«Comprendo che la vicenda dell’Ilva assorba del tutto. Ma il rischio che corriamo è gravissimo. Taranto potrebbe tornare provincia di Lecce. Tutto ciò, nonostante il lavoro svolto in Regione dal sottoscritto, dopo aver coinvolto tutti i consiglieri regionali tarantini e pure un brindisino. Ma dopo la pubblicazione del decreto, e l’iniziativa assunta da Consales, si sta per partorire un mostro, altro che accorpamento. Il grande salento sarebbe troppo esteso, sin troppo eterogeneo e, soprattutto, sarebbe ingovernabile. Senza contare il passo indietro che Taranto farebbe».
Beffa e danno vanno sempre a braccetto. A Taranto passeggiano, di solito.
«La città capitale dell’acciaio… della Magna Grecia… della Marina Militare.. finisce in provincia di Lecce. Accadeva in epoca pre industriale. In tanti, troppi, non si sono nemmeno accorti che Taranto ormai è in epoca post industriale. Non riescono nemmeno a leggere questa fase storica!».
Forse, la percezione comunque è che il riordino sia solo un gioco di poltrone o strapuntini da preservare o creare.
«E invece no. Perchè tutto è strutturato su base provinciale. Gli enti e le istituzioni sarebbero ridimensionati in caso di perdita dello status di capoluogo. Taranto diverrebbe un grande sportello di periferia, con le direzioni centrali a cento chilometri. A Lecce».
Che fare, dunque?
«Guardi. Io ho già fatto tutto quello che potevo prima del 22 ottobre, quando la Regione ha poi spedito a Roma le esigenze espresse dal territorio, rispettando l’autodeterminazione delle comunità. Se poi qualcuno ha modificato il decreto, aggiungendo quel cavillo, evidentemente c’è un’altra partita in corso. Taranto deve affrontarla come si deve, svegliandosi però!».
E una volta svegliata?
«Del rischio ho informato immediatamente Vico e Florido. Il mio ruolo confina ogni possibile azione alla Regione. E mi sembra che lì abbiamo lavorato perbene e per tempo. La campana va suonata per i sindaci di Taranto e di tutti i paesi, tranne Avetrana che sceglie Lecce e Manduria oggi commissariata. Dobbiamo difendere lo status di capoluogo. Mi auguro che tutti i sindaci ionici si facciano sentire, tutti i 27!».
CORRIERE DEL GIORNO