Caro Ezio,
la cosa che più mi colpisce e mi intriga della tua
personalità è quel tratto di ingenuità, talvolta di innocenza infantile,
che ti rende un essere umano autentico, non prigioniero dei codici
dell’ipocrisia, capace di una straordinaria empatia con la tua gente. La
tua cifra è la generosità, il tuo riferimento costante è la vita
popolare, con le sue passioni e le sue disperazioni. Sei il Principe di
Taranto, dei suoi splendori e delle sue miserie, non sei l’espressione
di una élite giacobina che rimette in ordine la plebe e si insedia al
centro della città e del potere. Tu hai portato le periferie urbane e
sociali al centro della politica. Tu sei il medico dei bambini che ha
cercato, con lo stesso stile e lo stesso cuore di sempre, di curare i
mali di un pezzo di Sud spolpato dalla politica del malaffare e
assediato dalla povertà, dalle mafie e dall’inquinamento. Sembra curioso
che io racconti a te chi sei tu, ma lo faccio perché tu – per come ti
conosciamo da tanti anni – non hai nessuna somiglianza col
sindaco-sceriffo immortalato da una foto: quel revolver nella cintura
del pantalone appare un intruso, una superfetazione, un’immagine
taroccata. Certo, non è facile convivere con le minacce e le
aggressioni. Certo, se ti mettono alle calcagna una protezione di
polizia i giornali magari poi stigmatizzano il privilegio di un’auto
blu. (Sulle stesse pagine su cui invocano il far west e disseminano la
paura, oggi storcono il naso su quel fotogramma che ti coglie in armi).
Caro Ezio, credo di aver capito il tuo stato d’animo e
la tua scelta, impulsiva e solitaria. Hai pensato che dovevi cavartela
da te, non recare disturbo alle istituzioni. Ma in questo caso, scusami
la sincerità, la tua generosità è un errore. Perché trasmetti un
messaggio negativo, legato all’immagine del farsi giustizia da sé, del
trasferire su ogni singolo individuo un compito e un potere che devono
appartenere allo Stato. Taranto ha la forza e le risorse morali per
vincere anche quella sorta di inquinamento acustico prodotto dalle urla
scomposte dei violenti, dei boss, dei populisti a buon mercato.
La tua mitezza ti difende e ci difende dalle parole che
sibilano come proiettili. Non sono le armi che ci proteggeranno, è il
disarmo che ci proietterà in una nuova epoca: quella in cui potremo
uscire dalla infinita preistoria delle piccole e grandi guerre. Per
questo ti chiedo di deporre quella stupida cosa inanimata, di buttar via
quella pistola, perché tu possa sentirti pienamente protetto solo dal
nostro affetto e dalla nostra stima.
Nichi Vendola
FONTE: AGORA' MAGAZINE
FONTE: AGORA' MAGAZINE