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martedì 11 settembre 2012

TORNA VASCO ROSSI E LO FA DALLA PUGLIA

Vasco Rossi si è esibito al Cromie di Castellaneta Marina, 45 minuti tondi tondi per riprendere in mano la sua vita dopo le tribolazioni di un anno difficile-
«Gioie terribili» le chiamava un emiliano ammantato di leggenda come Enzo Ferrari parlando di quelle vittorie troppo attese per non esploderti dentro come un pugno. E il concerto messo in piedi da Vasco Rossi l’altra notte nella discoteca Cromie di Castellaneta Marina davanti a tremila fan giunti da tutta Italia, con l’intenzione di riprendere in mano la sua vita dopo le tribolazioni di un anno difficile ha finito con l’assomigliare da vicino alla bandiera a scacchi che dopo le cadute più rovinose restituiva al Drake il suo pezzo di paradiso.

La luce in fondo a un tunnel di solitudini, terapie, antibiotici, polemiche, leggende metropolitane vissuta dal maudit di Zocca con la più irrequieta tra le convalescenze di cui si siano occupate le cronache negli ultimi anni. Ad aggrovigliare il filo delle emergenze Rossi ci ha messo del suo, per carità, ma a caro prezzo. E senza sconti. «Ho avuto paura», ammette lui il giorno dopo. «Ieri sera poteva decidere molto del mio futuro, è stata la prova del fuoco, ma poi mi sono ritrovato a casa, e Vasco è tornato!!».
Già ma è tornato a modo suo, con un set di 45 minuti incastrato tra i mix di un gruppo di dee jay, fra cui il figlio Davide Rossi, e ballerini in bilico sulle sue note come quelli della Scala per cui ha da poco revisionato in chiave tersicorea alcuni dei suoi più grandi successi.
Dice di aver riscoperto “Più in alto che c’è”, vecchia canzone scritta nell’85 per l’omonimo album di Dodi Battaglia, e di volerla mettere in rete fra un paio di mesi senza attendere di averne altre otto o dieci per dare alle stampe un album. Anche questa è libertà. Libertà come quella che invoca in “Canzone” serrando i pugni quasi a vincere con la forza di volontà le debolezze di quel fisico che lo costringono ancora a passare metà dello show seduto sui monitor.
Nella mega-discoteca a ottocento metri dal resort sull’Alto Ionio scelta da Vasco per trascorrere le vacanze, presidiata per l’occasione da forze dell’ordine degne di un concerto a San Siro, la parola d’ordine è autenticità e quindi via la maschera tagliente - occhiali e cappello - del gladiatore da stadio; via pure la sovrastruttura di canzoni come “Ho bisogno di te”, “Ogni volta”, “Non è la gelosia”, “Dillo alla luna”, “Sally” per recuperarle in versione voce e chitarra “così come sono nate”, malgrado l’amplificazione non proprio impeccabile del locale freni l’empatia tra scena e sala costringendo il Komandante a ricordare ai tremila che lui vive di applausi e delle emozioni di chi gli sta davanti. Arriva “incredibile romantica” e, carramba, sul palco si materializza Maurizio Solieri, licenziato senza troppi complimenti da Vasco appena tre mesi fa via Facebook. Ma quel verso “ho guardato dentro a una bugia e ho capito che è una malattia dalla quale non si può guarire mai…” sussurratogli nell’orecchio durante “Senza parole” lascia intendere che fra i due la tregua è indotta forse solo dal bisogno di andare in scena. Quella radunata dall’autore di “Bollicine” per il blitz pugliese è infatti una formazione d’emergenza.
La risposta a Fossati di “Canzone generale”, una “I soliti” capace di strappargli un alito di commozione, e “Vita spericolata” le altre gemme di un forziere chiuso come abitudine da “Albachiara” al termine di 45 minuti tondi tondi, sofferti, inquieti e meno rassicuranti di quanto forse ci si sarebbe attesi. Ma, al di là del luogo e della veste, questo non è un concerto pop. Questo è rock (bellezza).
Andrea Spinelli

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