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venerdì 30 maggio 2014

"CINEFORUM ALLA HERMES ACADEMY". DOMENICA CON INGMAR BERGMAN

Domenica 1° Giugno, si chiude il ciclo “Cineforum” dedicato ad Ingmar Bergman e promosso dall’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus.
L’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus, a partire dalle ore 16.00, invita i propri soci presso la sede in Via Oberdan #71, alla proiezione de “Il Silenzio”, film diretto da Ingmar Bergman nel 1963, ultimo episodio della “Trilogia del silenzio di Dio”, iniziata nel 1961 con Come in uno specchio e proseguita l’anno seguente con Luci d’inverno.
Seguirà un dibattito. La partecipazione è libera e gratuita. È però necessario prenotare al +39 346 622 6998.
Il film, molto atteso, suscitò reazioni contrastanti. Chi si aspettava alla fine della trilogia un segno di fiducia, un’apertura alla speranza e alla fede, fu deluso; altri parlarono di capolavoro per le immagini sobrie, austere, rigorose.
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Del film si occupò, persino, in un dibattito il parlamento svedese, per la fama “pornografica” che lo circondava a causa di alcune scene di amore fisico. La presenza fisica del personaggio di Anna, interpretato dalla trentenne Gunnel Lindblom, fa impallidire l’erotismo istintivo di Harriet Anderson in “Monica e il desiderio”, fino a quel momento il più scandaloso della cinematografia di Ingmar Bergman. È possibile anche considerare “Il silenzio” come una serie di rappresentazioni dello squilibrio mentale che non ha precedenti nella storia del cinema, con i suoi nani da circo, i carri armati intravisti di notte fuori dalla finestra nelle strade deserte, la totale incomunicabilità con gli abitanti del posto, la ferocia quasi incestuosa dell’odio fra le due sorelle; queste possono anche essere viste come due aspetti di una medesima personalità, che non si fatica a individuare in quella del regista stesso: Ester rappresenta l’intellettualità, la lucidità e la malattia; Anna è la superficialità, la materiale sensualità del desiderio, l’insofferenza verso l’autorità. Il film, che abbonda di primissimi piani nella tradizione del regista svedese, è una macchina perfetta che si snoda secondo uno schema semplice, inesorabile, dove nulla è casuale ma viene presentato come se lo fosse. La luce sui volti crea effetti sorprendenti nei piani estremamente ravvicinati. Non è difficile indovinare che Timoka, la città sconosciuta, è la terra sulla quale gli uomini e le donne si aggirano a vuoto, senza riconoscersi e senza comprendere gli altri.

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