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lunedì 30 maggio 2011

Colpo di scena, scarcerato zio Michele Il gip :«Delitto compiuto in sua assenza»


Il sì della procura, era in carcere dal 7 ottobre scorso
Un'intercettazione lo ha scagionato dall'omicidio

Michele Misseri
Michele Misseri
TARANTO - Il gip Martino Rosati del Tribunale di Taranto ha firmato poco fa la scarcerazione di Michele Misseri che può lasciare il carcere da un momento all’altro. La decisione è stata presa in tempo di record dopo che l’avvocato Franco Cristofaro, difensore dell’indagato, aveva presentato in mattinata l’istanza di scarcerazione.
Dopo il sì della procura il gip ha accolto l’invito del legale dell’indagato che si trova in carcere dal 7 ottobre scorso superando abbondantemente il periodo di detenzione cautelare che per il reato che gli contestano (soppressione di cadavere) è di sei mesi. Al contadino di Avetrana, quindi, la procura ha derubricato le contestazioni che erano di omicidio volontario in concorso con la figlia Sabrina e sequestro di persona. Davanti al carcere c’è ressa di giornalisti ma pare che al momento non ci sia nessun parente pronto ad accogliere l’ex detenuto.
IL PROVVEDIMENTO DEL GIP - La circostanza che Michele Misseri non abbia partecipato al delitto della nipote Sarah Scazzi, compiuto secondo l’accusa da Sabrina con il concorso morale della mamma Cosima, il gip la desume anche da un’intercettazione ambientale captata il giorno prima della confessione del contadino di Avetrana che portò al suo fermo e al ritrovamento del corpo della 15enne. Il gip analizza l’intercettazione nell’ordinanza della scorsa settimana con la quale ha disposto la cattura di Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri. Dice l’uomo in una frase tradotta dal dialetto: «Mi dispiace per la mia famiglia se vanno... (incomprensibile, ndr) io adesso li scoprirò... cosa vogliono dire, dicano quelli... è andata così, che vogliono fare, fanno a tua figlia... io non li credo se uno non fosse voluto andare...». Per il giudice, «il riferimento di tali affermazioni» è «all’omicidio di Sarah ed alla soppressione del suo cadavere», frasi che seguono la convocazione dell’uomo in caserma per il giorno successivo. Dalle frasi - ragiona il giudice - si comprende che «l’evento doloroso riguardava la propria famiglia ("mi dispiace per la mia famiglia") e che, fino ad allora, era stato tenuto nascosto ovviamente per proteggerla ("o mò li scopriro"). E si capisce pure che la sua scelta non è condivisa dagli altri componenti di essa (’cosa vogliono dire, dicano quelli... è andata cosi«). Inoltre, Michele Misseri è consapevole che, da quel che egli ha ormai deciso di fare, deriveranno conseguenze pregiudizievoli per la figlia ("cosa vogliono fare, fanno a tua figlia"): e questa non può che essere Sabrina, »poiché - come s’è detto - Valentina vive a Roma«. Secondo il gip Rosati, nel momento in cui, da solo, Misseri pronuncia quelle parole, »ormai non è più capace di mantenere un segreto così devastante e, nonostante le pressioni ricevute per stare zitto, s’è deciso a parlare, accettando anche quelle che sarebbero potute essere le conseguenze dannose per sua figlia Sabrina. La quale - non può che desumersi - è, dunque, la responsabile del tragico fatto che egli si accingeva a rivelare«. »Peraltro - scrive ancora il giudice - l’inciso ’io non li credo attesta due ulteriori circostanze: che l’omicidio era avvenuto in assenza di Michele; e che, in secondo luogo, più persone lo volevano inutilmente convincere di qualcosa«. »Infine - sostiene il giudice - considerando che Sabrina e sua madre erano certamente in casa nel lasso di tempo in cui è avvenuto l’omicidio, codesto inciso è ulteriormente indicativo del fatto che esso si sia verificato all’interno dell’abitazione e non nel garage: luogo non certamente frequentato da costoro, ma semmai da Michele, molto probabilmente sceso costì dopo l’arrivo di Sarah«. Da ultimo il giudice analizza il significato dell’affermazione se uno non fosse voluto andarè, frase che »attesta - sostiene Rosati - che Michele Misseri abbia ricevuto per lo meno la richiesta di recarsi da qualche parte (se non proprio l’ordine, come peraltro è più logico ritenere, visti i delineati caratteri delle sue donne di casa ed i descritti equilibri familiari, che lo vedevano spesso soccombente). Tale sua affermazione, letta - sottolinea il magistrato - alla luce dell’immediato trasporto del povero corpo di Sarah lontano da casa, nelle campagne del paese, e del fatto che proprio egli si sia occupato di tale incombente, dà conferma del fatto che, in quel soliloquio e sofferto sfogo, Michele si riferisse proprio all’omicidio di sua nipote».
Nazareno Dinoi

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