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lunedì 25 febbraio 2013

MONSIGNOR SANTORO. "TARANTO DOVEVA RIBELLARSI PRIMA"

«La città avrebbe dovuto ribellarsi da tempo». In questa frase l’arcivescovo Filippo Santoro ha sintetizzato ieri un anno di episcopato a Taranto, dopo l’esperienza in Brasile, vissuto condividendo le sofferenze di una comunità strangolata dal nodo salute-lavoro. Rispondeva, Santoro, a una puntuale sollecitazione sui temi economici e ambientali - Ilva e dintorni - del direttore della “Gazzetta del Mezzogiorno”, Giuseppe De Tomaso. I due, introdotti dal portavoce dell’arcivescovo, don Emaneuele Ferro, hanno dialogato nella chiesa concattedrale per l’appuntamento programmato dalla “Settimana della Fede”.

“Comunicare e testimoniare la fede, una speranza per Taranto” il titolo dell’incontro. Più di un’intervista, una sfida come lo stesso direttore De Tomaso ha ricordato richiamando il recente messaggio dell’arcivescovo per la Quaresima: «Il “circo” mediatico non produce una giusta rappresentazione della città e bisogna tenerne conto».

Dunque la «ribellione», che il confronto tra l’arcivescovo e il direttore, in una chiesa gremita, ha permesso di individuare nei suoi nitidi contorni di cospirazione della speranza. Una speranza alimentata dalla fede, vista da Santoro come motore della ripresa, non solo per Taranto ma per tutto il Paese, attraverso i volani del volontariato, della gratuità, della soldiarietà, dell’accoglienza.

Ma cosa può mettere le ali alla ripresa, spirituale, umana, sociale? L’esempio è venuto da una riflessione comune maturata nel dialogo tra l’arcivescovo di Taranto e il direttore della “Gazzetta”.

Santoro e De Tomaso sono partiti dall’ultima lezione di papa Benedetto XVI, la «notizia delle notizie»: la rinuncia alla cattedra di Pietro, come un fatto straordinario, disorientante solo in apparenza e che, invece, deve indurre a due riflessioni. La prima, spirituale, è dettata, secondo l’arcivescovo di Taranto, dalla necessità di approfondire il gesto del papa proprio dal punto di vista della fede, comprendendo come esso spieghi la presenza di una forza superiore: «Qualcosa di più grande che conduce la Storia».

La seconda, d’ordine politico ed economico, riprende, secondo il direttore De Tomaso, l’idea di Tocqueville: la fede è fondamentale nei processi di creazione delle leggi costitutive degli Stati, una ispirazione «superiore» irrinunciabile per il vivere civile, per la cittadinanza, la comunità, la crescita, il progresso e la politica.

Una politica che, però, non può essere suddita dell’economia. Una politica che deve decidere. Una politica che deve scoprire la bellezza della gratuità nel dono come servizio al prossimo. E qui il riferimento del direttore della “Gazzetta” è corso all’altro ramo del ragionamento su fede, religione, laicità sintetizzato dall’enciclica Caritas in veritate di papa Benedetto XVI.

«Una politica che non decide crea un deficit di democrazia» ha ricordato l’arcivescovo di Taranto, esortando, nell’immediato, ogni azione finalizzata a ridurre gli «enormi» numeri della cassa integrazione annunciata ieri dall’Ilva (6mila 500 lavoratori), riprendendo e mantenendo il filo che lega insieme lavoro e salute.

Il deficit di democrazia che, teme il direttore De Tomaso, possa creare un vulnus con il trionfo alle prossime elezioni dell’antipolitica. Un pericolo da scongiurare con una scelta «seria» alle urne «che tenga conto di una coesione anzitutto etica della società, fondamentale per evitare derive» che aggraverebbero la crisi economica «pensando alla Grecia» come spettro che s’aggira tra noi.

Il dibattito, infine, è planato sul caso, tutto tarantino, delle aste per le processioni della Settimana santa. L’arcivescovo Santoro vuole ripensare quelle offerte economiche e chiede la moratoria di un anno: «Le processioni tarantine sono uno splendido esempio di fede e devozione. Ma la Domenica delle Palme è uno shock. Chiedo ai confratelli delle congreghe di riflettere, di seguire vie più trasparenti ed evangeliche per vivere il momento. Non è importante solo il risultato della solidarietà, ma anche la maniera in cui si arriva». È scrosciato un lungo applauso e il direttore della “Gazzetta” ha condiviso il coraggioso pensiero dell’arcivescovo venuto da lontano.

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