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giovedì 21 febbraio 2013

CLINI VUOLE FARE DEL GOLFO DI TARANTO UN POZZO DI PETROLIO

Il governo e il ministro Clini vogliono trasformare il Golfo di Taranto in un Pozzo di petrolio. Lo conferma il fatto che, dopo due anni e mezzo dalla presentazione dell’istanza di ricerca in mare di idrocarburi da parte dell’Eni al ministero dello Sviluppo economico, il ministero dell’Ambiente ha concesso proprio all’Eni (in data 12 dicembre 2012) l’esclusione della Via (Valutazione d’impatto ambientale), per l’avvio dei lavori previsti in un’area estesa 449,4 chilometri quadrati compresa nel tratto di mare che va da Leporano sino oltre Maruggio.
La scelta del ministero di Corrado Clini ha delle implicazioni gravissime perché impedisce ai cittadini, alle associazioni e ai comitati di intervenire nel processo amministrativo, presentando le proprie osservazioni rispetto alla ricerca di idrocarburi in mare, attività pericolosissima per l’ambiente e la sicurezza. Non è chiaro poi il motivo per cui il ministero ha concesso all’Eni l’esclusione della Via mentre ha fatto il contrario con altre dieci richieste presentate da società come Appenine Energy Srl e Shell. A tal proposito gradiremmo che il ministro fornisse qualche spiegazione, visto che sulle trivellazioni questo governo continua ad andare in direzione opposta all’Europa che ha assunto un indirizzo di tutela ambientale molto forte durante il Consiglio del 17 dicembre 2012, aderendo al protocollo relativo alla protezione del Mare Mediterraneo dall’inquinamento derivante dall’attività petrolifere offshore.
Quella delle trivellazioni, insieme alla drammatica emergenza ambientale e sanitaria di Taranto e ai provvedimenti scandalosi del governo rispetto al Salva-Ilva, sarà uno delle questioni che affronterò martedì 26 febbraio quando incontrerò il commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik. E’ ormai chiaro che da parte del governo c’è un vero e proprio accanimento nei confronti di Taranto, visto che le trivellazioni sono l’ennesimo attentato all’ambiente e alla salute per i cittadini che soffrono a causa di un’emergenza ambientale e sanitaria gravissima. Un incidente ad una piattaforma petrolifera, poi, comprometterebbe anche la pesca dopo che l’agricoltura e la mitilicoltura sono state distrutte dalla diossina.

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