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lunedì 26 marzo 2012

I LEGALI DELL'ILVA;"PERIZIA INATTENDIBILE"


Dopo i due successi incassati dinanzi al Tar di Lecce, l’Ilva prepara la battaglia legale in vista dell’incidente probatorio del prossimo 30 marzo nel corso del quale sarà discusso l’esito della maxi perizia medico-epidemiologica consegnata lo scorso primo marzo nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento a carico di alcuni dirigenti Ilva. Un’anticipazione di quella che, probabilmente sarà la linea difensiva dell’azienda siderurgica, è stata illustrata nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta dall’on. Gaetano Pecorella.
Ilva
Il due marzo scorso l’Ilva ha inviato una lettera alla Commissione a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal Procuratore Franco Sebastio ed ha chiesto di essere ascoltata. L’audizione si è svolta l’altro ieri; vi hanno preso parte il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso e l’avvocato dell’Ilva Francesco Perli. Su entrambe le perizie (chimica e medica) disposte dal Gip Patrizia Todisco, il legale ha espresso un giudizio di inattendibilità confortato da un parere “pro veritate” formulato da otto esperti italiani nel campo della medicina e dell’epidemiologia.
Due, in particolare i limiti evidenziati. «Nella prima perizia – dice l’avvocato Perli – sono indicati i riferimenti normativi vigenti in forza dei quali i chimici hanno operato le loro valutazioni. A tal proposito citano la direttiva 2010/75 dell’Ue ed il Bref iron steel production del 24 giugno 2011. Hanno considerato vigenti due normative che non sono ancora in vigore. La direttiva dell’Unione, all’art. 80 dice che la stessa entrerà in vigore il 7 gennaio 2013 e che gli Stati hanno un anno di tempo per recepirle nell’ordinamento nazionale. L’art. 21 recita, inoltre, che per le Aia già rilasciate, il ministero dell’Ambiente ha quattro anni di tempo per introdurre le nuove prese in esame». Allo stesso modo, secondo l’avv. Perli anche il riferimento alle Bref del 24 giugno 2011 è errato perchè le Bat conclusion sono state pubblicate sulla gazzetta europea l’8 marzo scorso. «Quindi la perizia è stata redatta sulla base di un quadro normativo che non era vigente».
L’Ilva ha contestato anche le conclusioni del collegio dei medici perchè nel valutare gli effetti delle emissioni di polveri sottili (il Pm10), hanno considerato il limite ottimale indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità pari a 20 nanogrammi per m3, che «però – ha sottolineato Perli – non è limite di legge ma un volore obiettivo da conseguire nei prossimi anni. Il limite da considerare è quello di 40 microgrammi per metro cubo, vigente in Italia con decreto legislativo n° 155 del 31 agosto 2010». Un gruppo di esperti incaricati dall’azienda siderurgica ha riformulato i calcoli secondo il limite di 40 microgrammi al metro cubo. «Ne è risultato – ha concluso il legale della società siderurgica – che a Taranto non ci sono eccessi di mortalità e di malattie nella popolazione. Gli stessi valori di Pm10 riscontrati dai periti, oscillano tra 22 a 33 microgrammi a metro cubo e sono quindi ben al di sotto dei 40 microgrammi previsti per legge. Secondo alcuni studi a cui ha partecipato anche il dottor Viggeri che ha lavorato per il tribunale di Taranto, in Lombardia il valore medio del Pm10 è sopra i 50 microgrammi. A Taranto il limite medio è 25. Non applicare il valore di legge è stata una carenza molto grave».
In precedenza era intervenuto l’ingegnere Luigi Capogrosso direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto. Anche il suo giudizio nei confronti dell’incidente probatorio è molto severo. «A nostro avviso e secondo quanto rilevato dai nostri consulenti – ha detto – c’è discrepanza tra le certezze indicate nelle risposte ai quesiti e quanto emerge nel testo della perizia che lascia spazio a parecchi dubbi e in molti casi non chiarisce il metodo con cui si è arrivati a certe conclusioni. Siamo dubbiosi sul risultato, nonostante anche i periti nella maggior parte dei casi abbiano certificato il rispetto dei limiti di legge».
Capogrosso ha ricordato anche il lungo percorso che ad agosto del 2011 aveva portato al rilascio dell’Aia. «Si tratta – ha detto – di un importante momento autorizzativo per Taranto. E’ un documento di 1100 pagine diviso in tre parti. La conformità di impianti, processi e procedure al decreto 2005 in materia di migliori tecniche disponibili; il parere istruttorio che fissa limiti più severi di emissione dei vari impianti. Rispetto alla normativa precedente sono stati mediamente abbattuti del 50%. La terza parte riguarda il piano di monitoraggio. E’ stata incrementata notevolmente sia la frequenza che il numero di sostanze da controllare. Si tratta di un piano poderoso che il 23 febbraio scorso è stato presentato al Ministero dell’Ambiente».
Fonte: Corriere del Giorno  

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